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Il Congresso Usa rinnova la legge FISA sulla sorveglianza, nonostante le preoccupazioni per i diritti civili

Ogni anno si raccolgono informazioni su centinaia di migliaia di cittadini senza un mandato, in violazione delle disposizioni della Costituzione americana

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Continuerà uno dei programmi di sorveglianza più controversi negli Stati Uniti. Lo scorso 19 aprile, il Senato degli Stati Uniti ha concluso l'iter di approvazione della legge FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act), contestata negli ultimi anni da numerosi difensori dei diritti civili poiché permette allo Stato di condurre indagini sui cittadini americani senza ottenere un mandato, cioè senza specificare un motivo per farlo.

Negli anni 2000, l'amministrazione Bush aveva iniziato a monitorare le telefonate di numerosi americani nel contesto della ricerca di complotti terroristici internazionali. Così è diventato possibile raccogliere informazioni sui cittadini USA in modo "incidentale", quando erano in contatto con qualcuno all'estero, il bersaglio formale del monitoraggio: una violazione della privacy in base alla Costituzione degli Stati Uniti.

Le attività di questo tipo furono rivelate al pubblico dalla stampa nel 2005, svelando che l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) monitorava le telefonate, le attività su internet, gli SMS e altre forme di comunicazioni in cui uno dei soggetti era presumibilmente all’estero. A seguito delle pressioni politiche, il programma fu terminato, ma nel 2008 il Congresso adottò la "Sezione 702" della legge FISA, per consentire la sorveglianza "mirata" da parte delle istituzioni.

La legge vieta la raccolta “intenzionale” di informazioni riguardanti i cittadini, ma nella pratica, nel contesto delle indagini su attività estere, sono state condotte un'enorme quantità di ricerche sugli americani: 3,4 milioni senza mandato nel 2021, numero che secondo lo Stato è sceso a "soltanto" centinaia di migliaia negli anni successivi.

In questo modo, le autorità riescono ad aggirare l'obbligo di spiegare a un giudice perché devono indagare su qualcuno, per ottenere un mandato come richiesto dal diritto costituzionale. Di conseguenza, ci sono preoccupazioni su come vengono utilizzate le informazioni una volta ottenute.

Per esempio, si sa che l’FBI ha utilizzato lo strumento nel caso di alcuni politici americani e dei loro assistenti, come anche nei confronti dei manifestanti del Black Lives Matter. Durante una riunione riservata sulla necessità di mantenere questa autorizzazione, il presidente della Commissione per l’Intelligence della Camera dei Deputati, Mike Turner, avrebbe fatto vedere un’immagine di cittadini americani che protestavano contro la guerra a Gaza, ipotizzando dei legami con Hamas.

Il fatto che gli abusi siano già evidenti ha portato molti personaggi pubblici ad opporsi al rinnovamento della legge FISA negli ultimi anni. Lo ha fatto Barack Obama prima di diventare presidente, per poi cambiare idea una volta arrivato alla Casa Bianca. Lo ha fatto Donald Trump poche settimane fa, incoraggiando i repubblicani a votare contro visto che la legge era stata utilizzata contro lui stesso nelle indagini sul Russiagate.

Il rinnovo era stato bloccato più volte negli ultimi mesi, e anche il presidente della Camera Mike Johnson aveva espresso la sua opposizione, inizialmente. Poi sono arrivate le pressioni dell’amministrazione Biden e delle istituzioni di sicurezza nazionale, con anche il compromesso di accorciare il periodo di autorizzazione ad appena due anni, ma al contempo di allargare la definizione dei provider che devono fornire informazioni allo Stato.

Alla fine l’establishment l’ha spuntata, dopo aver spiegato – a porte chiuse – quanto sia importante continuare a spiare gli americani in modo indiretto. Di fronte agli elettori, i politici dicono qualcosa di diverso.

di Andrew Spannaus 

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