24 Agosto 2023
Non c’era solo un Yevgeny Prigozhin. L’ex capo del gruppo Wagner utilizzava passaporti, parrucche e barbe finte per nascondersi e per le missioni all’estero. Lo scorso giugno le forze dell’ordine russe avevano perquisito la casa del mercenario a San Pietroburgo. I filmati integrali delle perquisizioni erano tati trasmessi sul canale statale Rossiya 1 durante il programma 60 Minuti, poi rilanciati dai media russi, tra cui il quotidiano Izvestia.
La polizia era entrata nell’appartamento in seguito al tentativo di golpe dei miliziani russi guidati da Prigozhin. La sua marcia si era fermata a 200 chilometri da Mosca per “evitare un bagno di sangue rosso”. Già all’Hotel Trezzini, ritenuto l’ufficio del capo della Wagner, erano stati ritrovati 4 miliardi di rubli, ovvero 44 milioni di euro. E nella casa di San Pietroburgo? Una stanza dedicata alla preghiera con appese icone sacre e con un piccolo altare, lo studio medico personalizzato, la piscina coperta, divise militari con innumerevoli medaglie, un alligatore impagliato, un martello gigante con sopra la targa “per negoziare”. Sfarzo e lusso. E un intero arsenale di armi, tra munizioni, pistole e mitragliatori costosissimi.
“Perché una persona che conosciamo avrebbe bisogno di così tante parrucche?”, aveva scritto il gruppo Wagner sul suo canale Telegram. “Tutto è scandalosamente semplice: per i viaggi all'estero. Ed ecco alcuni selfie di Prigozhin dopo la reincarnazione: funzionario del ministero della Difesa in Sudan, assistente diplomatico di Abu Dhabi, tenente anziano di Bengasi, colonnello di Tripoli, mercante dalla Siria, comandante sul campo Mohammed”.
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