26 Giugno 2023
Fonte: Primato Nazionale
Corsi e ricorsi storici, anche se i due fiumi non sono paragonabili: il primo scorre per 1.870 chilometri tra foreste e steppe, l'altro per appena 35 chilometri prima di sfociare nell'Adriatico, eppure il Don, varcato dai mercenari del gruppo Wagner diretti nella vicina Rostov, è diventato l'equivalente del Rubicone che Giulio Cesare attraversò nel 49 a.C.
Per il generale romano, di ritorno dalla trionfale campagna nelle Gallie, quello era il confine tra la Gallia Cisalpina e il territorio di Roma che non poteva essere attraversato in armi. Giulio Cesare ignorò il monito del Senato con il suo “Alea iacta est” (il dato è tratto) e con 5mila uomini e 300 cavalieri marciò su Roma, dando inizio alla guerra civile contro Pompeo che avrebbe gettato le basi per la nascita dell'Impero. Un'altra “guerra civile”, come annunciato dal gruppo Wagner, è stata scatenata da Evgenij Prigozhin con i suoi 25mila uomini varcando il fiume Don e conquistando Rostov, la città russa di un milione di abitanti appena oltre il confine ucraino.
Una conquista che non è solo simbolica, perché è la strategica sede del Distretto militare meridionale da cui venivano coordinate le operazioni militari in Ucraina da parte del ministro della Difesa, Serghei Shoigu, il grande antagonista di Prigozhin. Da lì i mercenari puntavano all'avanzata verso Mosca. La scelta di Rostov da parte del gruppo di Wagner non era dunque casuale, ma Prigozhin si è fermato. Il Don e il Rubicone non sono paragonabili. Ma neanche Prigozhin non è Giulio Cesare.
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