28 Novembre 2022
L'allarme del New York Times: "Aiuti Nato quasi al limite"
Gli Stati Uniti, così come la Nato in generale, iniziano ad essere in difficoltà per quanto riguarda gli aiuti militari all'Ucraina. L'allarme arriva dal New York Times, che segnala il grande problema della fornitura di proiettili per l'artiglieria, utilizzata in questo momento della guerra per bombardamenti a tappeto, approccio praticamente scomparso dagli anni '90.
L'attuale situazione della guerra in Ucraina complica non poco la politica internazionale portata avanti dagli Stati Uniti: le costanti forniture belliche infatti stanno prosciugando le casse, così come le riserve di armamenti del Paese, che nel caso dovesse sostenere contemporaneamente Taiwan si troverebbe in seria difficoltà.
Secondo il quotidiano americano, il ritmo della guerra sarebbe giunto ad un ritmo insostenibile: "Un giorno di guerra al momento, equivale a un mese di quella in Afghanistan". A mettere in difficoltà la Nato, e quindi gli Usa, il ritmo da "Seconda Guerra Mondiale" a cui è arrivato alla guerra, facilmente deducibile dalle cifre: se nel Donbass quest'estate gli ucraini sparavano dai 6 ai 7mila proiettili d'artiglieria, ad oggi i russi ne stanno lanciando dai 40 ai 50mila al giorno. Per "pareggiare i conti" Nato ed Usa stanno dando fondo alle proprie riserve, ma pensare di mantenere questo ritmo a lungo andare è semplicemente infattibile a causa della mancanza di siti produttivi di questo tipo d'armamenti, sostanzialmente desueti nel mondo occidentale. Per ora la Nato ha fornito all'Ucraina circa 40 miliardi di dollari in armi, cifra più o meno corrispondente al budget annuale per la difesa in Francia. I paesi più piccoli del Patto Atlantico hanno già terminato il proprio potenziale in termini di rifornimenti bellici, per questo i 10 Paesi maggiori, tra cui anche Francia, Italia, Germania e Paesi Bassi dovranno presto rifornire di più l'Ucraina.
La situazione attuale riguarda a cascata anche Taiwan: l'arretrato di consegna delle armi previste per l'isola infatti è cresciuto dal dicembre scorso ad oggi da 14 a ben 19 miliardi di dollari. Le armi che sarebbero dovute essere mandate fanno parte della cosiddetta strategia del "porcospino", pensata per armare preventivamente Taiwan facendola diventare un avversario il più possibile ostico per Pechino nel caso decidesse di invaderla.
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