01 Settembre 2022
fonte: imagoeconomica
Nel giorno in cui Eni ha aggiornato l'ammontare del prelievo deciso dal governo Draghi, il CFO del gruppo, Francesco Gattei, sottolinea sul "Sole 24 Ore": "Un'addizionale sul profitto è ragionevole, ma è necessaria una base imponibile trasparente, chiara e facilmente rappresentabile verso l'esterno".
L’ammontare del prelievo deciso dal governo Draghi cambia da 550 milioni a 1,4 miliardi, il CFO di Eni osserva: "Eni ha pagato l'acconto del 40% il 30 giugno in linea con il dettato della legge e a valle della circolare del 23 giugno dell'Agenzia delle Entrate che prevedeva come esclusione, rispetto al saldo Iva, le operazioni attive extra-territoriali. L'11 luglio, però, con una nuova circolare, l'Agenzia ha precisato che l'esclusione poteva essere effettuata solo in presenza di una perfetta corrispondenza con operazioni passive fuori campo Iva - e aggiunge - A quel punto abbiamo fatto un interpello per capire come applicare questo criterio a transazioni macro non puntuali, ma la risposta restrittiva lascia al contribuente l'onere di dimostrare l'afferenza tra attivo e passivo in modo analitico.
L'integrazione fatta ieri sull'acconto è di 340 milioni in più dei 220 milioni versati, non è stata pagata alcuna penale perché "abbiamo operato secondo i dettami di legge. E la circolare dell'11 luglio consentiva di integrare il dovuto entro il 31 agosto senza sanzioni" sottolinea Gattei, dichiarando che i 836 milioni frutti del ricalcolo "sono figli di operazioni Iva in cui non possiamo collegare analiticamente agli attivi i passivi derivanti dall'acquisto di gas. E non sono necessariamente operazioni fatte in Italia".
Il semestre di Eni si è chiuso con un boom di utili +700%, Gattei spiega che “gran parte di quel risultato Eni l’ha fatto vendendo all’estero petrolio e gas come produttore. Poi, certo, vendiamo gas anche in Italia e in Europa, ma la fetta maggiore di quel gas l’acquistiamo a prezzi indicizzati in gran parte al Ttf. Non abbiamo contratti magici a prezzi fissi e bassi siglati anni fa”. Infatti, evidenzia ancora “i contratti gas di fornitura prevedono clausole di rinegoziazione periodica che hanno trasformato la tradizionale formula oil linked (con prezzi agganciati a quello del petrolio, ndr), legandola agli hub europei. Se non fosse stato così, avremo perso miliardi di euro. E questa revisione ha riguardato anche le diverse rinegoziazioni con Gazprom con cui abbiamo rivisto sia la dimensione della fornitura sia le formule dei prezzi”.
Dal 2014 al 2021, a livello operativo, Eni ha perso in Italia 11 miliardi afferma Gattei "perché la raffinazione era in perdita, come la chimica, la produzione gas e la società di bonifica. Poi, se aggiungiamo anche gli oneri finanziari e le svalutazioni, le perdite salgono a 20 miliardi".
Eni quindi non fa extraprofitti, “basta guardare alla nostra ultima semestrale: la divisione Ggp (Global Gas & Lng Portfolio) è a breakeven dopo aver beneficiato nel primo trimestre di una rinegoziazione contrattuale. La raffinazione, invece, è andata molto bene sfruttando non solo il miglioramento dei margini di raffinazione ma anche le efficienze che abbiamo fatto e le svalutazioni dello scorso anno”.
Per quanto riguarda quindi il prezzo del gas, Gattei spinge per una soluzione europea: “Siamo in un mercato unificato a livello europeo per cui se il sistema tutto ha dei punti di fragilità – come la forte dipendenza della Germania dalla Russia e la minore capacità di diversificazione mentre noi abbiamo molto gas che arriva da Sud -, la dinamica di quei punti si scarica sul prezzo e il prezzo si replica in tutti gli hub. Per questo motivo, la soluzione del problema deve essere europea ed europeo deve essere il tetto sul gas perché un cap nazionale genererebbe una dinamica di flussi fisici che portano il gas dove il prezzo è più alto”.
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