07 Novembre 2025
Mai più Cosa Vostra, un titolo che è un manifesto e un imperativo.
La violenza ha radici profonde, ma possiamo e dobbiamo spezzarle.
In questo libro fondamentale, il Giudice Fabio Roia (nella foto con Melania Rizzoli) e di Ilaria Ramoni offrono un'analisi lucida e necessaria: non è solo un atto d'accusa contro il patriarcato, ma una guida essenziale per riconoscere e rompere gli schemi di una mascolinità aggressiva e repressiva. Moderatrice fantastica della presentazione milanese é stata Melania Rizzoli e relatrici Francesca Nanni e Alessandra Kustermann. Se credi che il cambiamento debba partire dalle radici per dare finalmente alle donne un futuro senza paura e agli uomini la libertà di essere diversi... questo è il libro per te. Gli episodi di violenza di genere che occupano le cronache non sono fatti isolati, ma l'espressione estrema di un sistema radicato. Sono il volto più visibile di una subcultura che affonda le radici nelle logiche del patriarcato: un potere antico e pervasivo, che si insinua nei linguaggi, nelle abitudini, nei rapporti quotidiani e perfino nelle aule dei tribunali. Ilaria Ramoni e Fabio Roia mettono in luce un parallelismo scomodo ma necessario: quello tra la subcultura patriarcale e quella mafiosa. Entrambe si reggono sul silenzio, sulla complicità, sull'idea che le donne non siano soggetti, ma oggetti da possedere o scambiare. Gli autori ricostruiscono le radici storiche e culturali di questo sistema, mostrando come si rinnovi nelle pratiche sociali e giuridiche, e smascherando i meccanismi attraverso cui il patriarcato continua a riprodursi. Negli ultimi anni non sono mancati progressi, dalle reti dei centri antiviolenza alle normative nazionali e internazionali. Ma resta ancora molto da fare: smontare stereotipi radicati, contrastare la vittimizzazione secondaria, raggiungere comunità che hanno scarso accesso a strumenti di difesa. Soprattutto, serve una nuova cultura del rispetto, capace di insegnare alle giovani generazioni a riconoscere i segni del patriarcato silenzioso e a spegnerne sul nascere ogni rigurgito. Non è soltanto un atto d'accusa, ma un invito a un cambiamento necessario: superare l'eredità della sopraffazione, per restituire alle donne piena autonomia e dignità. Perché il futuro non può che essere fondato sul rispetto e sull'autodeterminazione. Un futuro in cui nessuna donna debba più sentirsi dire: “Sei cosa mia”.
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