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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Perchè è difficile sconfiggere l'Iran. Le radici ancestrali mito-storiche dell'idea di Impero Persiano

Come gli archetipi siano fattori di coesione e di motivazione. L'Europa li ha persi. La Persia li ha conservati

01 Luglio 2025

Perchè è difficile sconfiggere l'Iran. Le radici ancestrali mito-storiche dell'idea di Impero Persiano

Quando al Liceo ci spiegavano cosa successe alla morte di Alessandro Magno la narrazione ufficiale liquidava uno snodo epocale della storia umana in poche righe: l'Impero alessandrino fu smembrato tra i generali del grande condottiero: i "Successori"("Diadochi"). In Occidente si ricorda Tolomeo che ebbe l'Egitto e si fa un veloce accenno al Regno Macedone e poi basta. L'Egitto si ricorda perchè piace a tutti e dai Tolomei viene poi l'ultima regina, già pop: la famosa Cleopatra. I più colti ricordano la Biblioteca d' Alessandria d'Egitto e la questione viene chiusa, archiviata. Per questo la memoria occidentale è così debole, fallace, fragile. Quasi nessuno si ricorda di Seleuco, uno dei generali successori di Alessandro Magno. Seleuco fu fondamentale e le conseguenze del suo operato giungono fino a noi e la sua figura ci spiega la grandezza della potenza persiana. Mentre infatti l'Egitto alessandrino ereditò la potenza culturale greca ma rimase una nazione debole e mentre il Regno Macedone ereditò la forza delle falangi e Roma ci mise più di un secolo e ben quattro guerre per piegarlo (Pirro re dell'Epiro si considerava erede di Alessandro) ecco che agli europei sfugge sempre la percezione di un dato fondamentale, molto semplice: l'80% dell'immenso Impero alessandrino-persiano restò e resta intatto e continua organicamente con Seleuco I. Mentre noi banalmente ci consideriamo eredi dell'universalità geniale di Alessandro Magno ha molto più senso storico ritenere la Persia più diretta e più autentica erede di Alessandro il Grande e della sua magnifica sintesi culturale tra le tecniche militari greche e la raffinatezza orientale. Gli "Immortali" di Dario divennero i "Diecimila" di Alessandro: un caso unico al mondo di perfetta fusione nel sangue e nell'educazione dei migliori giovani di due culture prima distanti: l'aristocrazia greco-macedone e l'aristocrazia persiana e orientale. Un Impero che rimase fedele ai suoi archetipi di fuoco e di luce e che da Seleucide poi diventa Partico, Sassanide e infine Islamico ma non cambia per nulla la sua coesione, omogeneità e fierezza. Prova ne è che le formidabili legioni romane non riuscirono mai a sconfiggere i Parti ne Costantinopoli riuscì a vincere i Sassanidi che giunsero persino ad assediarla. Serve poco quindi bearsi con i ricordi dei Trecento di Leonida (che il cinema ci ripropone ogni due o tre mesi, come soft power anti-Iran): mentre l'Europa è lontana anni luce dalle virtù spartane e macedoni la Persia è rimasta sostanzialmente se stessa per cinquemila anni. Non pochi. E come in ogni Impero l'idea imperiale rappresenta un fattore spirituale di coesione, catalizzazione e proiezione strategica. Le conseguenze della sintesi alessandrina tra grecità e carismi persiani le troviamo nei secoli nei Regni greco-buddisti della Battriana e dell'India settentrionale fino alla stessa figura di Tamerlano che si presenta quale nuovo ed eterno Imperatore del mondo e financo nell'alleanza tra Yemen e Iran la quale deriva dal periplo della penisola araba che l'ammiraglio Nearco realizzò per Alessandro Magno. L'Imperatore macedone aveva capito le potenzialità commerciali e geopolitiche del Golfo Persico e dell'India e intendeva costruisce una flotta militare e commerciale presso l'estuario dello Shaṭṭ al-ʿArab. Possiamo dire quindi che non sono invenzioni recenti ma frutto di migliaia di anni di storia le influenze persiane in Mesopotamia, Siria, Cappadocia e Yemen. Gli archetipi sembrano scherzare ma sono scherzi molto seri: duemila anni fa i Parti sconfiggevano i Romani con una veloce cavalleria di arcieri muniti di corazza integrale (per cavallo e cavaliere); oggi l'Iran sfida il predominio israeliano-statunitense con l'equivalente attuale della guerra a distanza: missili e droni. Sempre figure di fuoco, sono. 

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