05 Febbraio 2025
Claudio Togna
Con la legge 24 luglio 2024 n. 105 è stato convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 29 maggio 2024 n. 69 recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia ed urbanistica cosiddetta legge “salva casa”.
Tale normativa, richiesta da anni dagli operatori del mercato immobiliare, si prefigge il lodevole scopo della semplificazione amministrativa, e conseguente titolo in accertamento di conformità, delle piccole irregolarità formali (costituenti un blocco nella circolazione dei beni immobiliari e dei mutui bancari) nonché di semplificare installazioni di tende, pergotende ed altri sistemi di protezione non strutturali sotto il profilo della creazione di nuova volumetria degli spazi scoperti.
Il passaggio più delicato della nuova normativa ha riguardato indubbiamente gli interventi edilizi eseguiti in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica.
Il neoformato articolo 36-bis (L comma IV) prevede infatti che gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività nell’ipotesi di cui all’articolo 34 del Testo Unico n. 380/2001 ovvero in assenza od in difformità della Segnalazione Certificata di Inizio Attività nell’ipotesi di cui all’articolo 37 possano ottenere il permesso di costruire o la cosiddetta S.C.I.A. in sanatoria ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della loro realizzazione.
Il che rappresenta un indubbio “alleggerimento” della cosiddetta doppia conformità della disciplina previgente.
Qualora tali interventi siano eseguiti in assenza o difformità su aree soggette all’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (di seguito Soprintendenza) il dirigente ove responsabile dell’ufficio edilizio richiede alla competente Soprintendenza apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati.
Sempre il comma IV prevede l’iter procedimentale, sotto il profilo temporale, per l’emissione del parere vincolante e la formazione del “silenzio – assenso”.
Ad una prima lettura risulta evidente l’obiettivo di semplificazione perseguito dal Governo in un territorio, come quello italiano, assoggettato, in forma pressochè integrale ai vincoli paesaggistici dei più vari contenuti.
Naturalmente rimane la discrezionalità tecnica della competente Soprintendenza nell’emissione del parere (o nulla osta) definito vincolante dal testo della nuova normativa in coerenza e continuità della Parte Terza del D.Lgs. n. 42/2004 cosiddetto “Codice dei beni culturali”.
Tale previsione è stata inserita dalla Legge di conversione e rappresenta una novità di grande rilievo in quanto, secondo una prima lettura, garantirebbe una applicazione più ampia all’art. 36-bis essendo molti immobili ubicati all’interno di ambiti territoriali soggetti a vincolo paesaggistico attraverso l'introduzione di una prima ipotesi di allentamento del sistema di accertamento di compatibilità paesaggistica del D.Lgs. 42/2004 che ammette tale possibilità solo per interventi in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica a carattere “minore” e comunque “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.
Sotto il profilo procedurale, l’attivazione dell’accertamento di compatibilità paesaggistica sospende i termini del procedimento di sanatoria fino alla definizione dello stesso (art. 36-bis, comma 6). In particolare, il responsabile del procedimento chiede all’autorità preposta alla tutela del vincolo (Regione o comune da essa delegato) parere vincolante sulla compatibilità paesaggista delle opere da sanare da rendersi entro il termine perentorio di 180 giorni previo parere vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni.
Se i pareri non sono resi entro tali termini, si intende formato il silenzio assenso e il responsabile del procedimento di sanatoria provvede autonomamente.
Qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica nonché nei casi di silenzio assenso, si applica una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggior importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione, alla cui quantificazione potrebbe essere di supporto il Decreto del Ministro dei beni culturali 26/09/1997 “Determinazione dei parametri e delle modalità per la qualificazione della indennità risarcitoria per le opere abusive realizzate nelle aree sottoposte a vincolo”.
Viceversa, in caso di rigetto della domanda, si applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167, comma 1, D.Lgs. 42/2004.
La procedura di cui all'art. 36 bis si applica anche in caso di interventi oggetto di procedimento di sanatoria che “risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione” (art. 36-bis, comma 4, ultimo periodo). La norma, anche se poco chiara, sembrerebbe applicarsi a tutti quei casi di opere con vincolo paesaggistico apposto successivamente alla loro esecuzione e non integranti quindi abusi paesaggistici ma per le quali comunque la presenza ad oggi di un vincolo comporta la necessità in sede di sanatoria edilizia dell’acquisizione di un assenso dell’amministrazione competenti sulla tutela.
In sede di conversione in legge (art. 3 c. 4 bis DL 69/2024) è stata apportata una semplificazione alla procedura di accertamento di conformità in tema di compatibilità paesaggistica per gli interventi che sono stati realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica (art. 36BIS, c. 4,5,5 bis del DPR 380/2001) e con parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al Permesso o in assenza difformità di SCIA (di cui art. 36 bis c. 1 DPR 380/2001).
Secondo la nuova norma solo per gli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 (da cui decorre il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma) per cui il titolo sia stato rilasciato senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica, è ammessa la sanatoria senza la doppia conformità. Si intende formato il silenzio assenso per l’acquisizione del parere anche se vi sia un’incompatibilità rispetto al vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla realizzazione.
È possibile richiedere apposito parere vincolante in merito all’accertamento di compatibilità paesaggistica, anche quando sia stata creata superficie utile o volume ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. Previsto inoltre il silenzio assenso per i pareri necessari per l’applicazione del procedimento.
Risulta infine eliminata la norma all’art. 32, c. 2 DPR 380/2001, che considerava sempre come variazioni essenziali le difformità realizzate su immobili vincolati.
Alle parziali difformità sugli immobili vincolati è possibile applicare la procedura di sanatoria (di cui all’art. 36 bis c. 2 e 3 del DPR 380/2001).
Solo le variazioni rispetto al progetto elencate all’art. 32 c. 1 del DPR 380/2001 (che definisce quali sono le variazioni essenziali), se realizzate su un immobile vincolato, sono da considerarsi in totale difformità rispetto al permesso di costruire.
A tal fine si è proceduto a coordinare la nuova procedura di accertamento di conformità prevista per le parziali difformità che ha introdotto un particolare procedimento di compatibilità paesaggistica.
Tuttavia una lettura approfondita e sistematica della norma rispetto al D.Lgs. n. 42/2004 fa ritenere che tale iter di semplificazione sia condotto solo a metà.
Ciò in quanto le difformità su beni assoggettati a vincolo paesaggistico anche in caso di creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati risulta procedimentalizzato (e quindi richiedibile) solo ai sensi del D.Lgs. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) il cui perimetro di assentibilità sotto il profilo della discrezionalità tecnico amministrativa può non coincidere con il diverso testo unico dei beni culturali D.Lgs. n. 42/2004.
In buona sostanza non tutto ciò che è assentibile sotto il profilo della Legge urbanistica (380/2001) risulta assentibile ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 articolo 167.
Quest’ultimo articolo, all’attualità non modificato, reca come intestazione ordine di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria e riproduce letteralmente il testo dell’articolo 164 del Testo Unico del 1999 a sua volta mutuato con alcune varianti dall’articolo 151 della Legge n. 1497 del 1939.
L’articolo 167 nel comma IV statuisce che l’Autorità Amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma V nei seguenti casi:
a – per i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.
Il dato letterale fa emergere la totale irriducibilità delle due normative per cui quello che può essere richiesto ai sensi della legge urbanistica non solo può ma deve essere rigettato dalla competente Soprintendenza con l’irrogazione delle sanzioni amministrative della demolizione o della sanzione pecuniaria.
Con la formulazione dell’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 Parte Terza, in buona sostanza, il cittadino che chiedesse l’accertamento di conformità non solo non vedrebbe accolta la propria domanda, nel caso in esame, ma trasformerebbe la propria richiesta in autodenuncia con conseguente attivazione a proprio carico della sanzioni della rimissione in pristino o del versamento dell’indennità pecuniaria secondo i termini, le modalità e valutazioni di discrezionalità tecnica di cui al D.Lgs. n. 42/2004.
Né la contraddizione sembra superabile in sede ermeneutica. Il contrasto infatti non è all’interno di una stessa norma o di una norma all’interno dello stesso sistema bensì tra due sistemi regolati da due norme di settore (il testo unico edilizio ed il codice dei beni culturali) correlati all’interno di complessi procedimenti amministrativi (nei quali i pareri ed i nulla osta della Soprintendenza possono essere sia preventivi che endoprocedimentali ma generalmente con effetto vincolante) ma autonomi quanto a “sistema”.
Pertanto poco pregio tenderebbe avere l’ipotesi di una “abrogazione implicita” dell’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004, in parte qua, trattandosi come tutto di due sistemi normativi autonomi ancorchè correlati all’interno di complessi iter di legittimazione urbanistica preventiva o successiva in accertamento di conformità o sanatoria.
Nemmeno il ricorso ad una lettura “costituzionalmente orientata” sulla sostanziale inutilità dell’art. 36 bis L comma IV per contrasto con il letterale tenore dell’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 sembrerebbe risolutivo.
Ciò in quanto, come sopra detto, il perimetro della assentibilità sotto il profuilo della legge urbanistica può non coincidere con il perimetro della assentibilità in tema di tutela del vincolo paesaggistico.
Nè pare aiutare, sul punto, le linee guida tenute presso il MIT in data 28 gennaio 2025 che si limita a ribadire la procedimentalizzazione dell'articolo 36 senza entrare nel merito dell'eventuale abrogazione implicita dell'articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 in parte qua.
L’unica via, per evitare guai a qualche incauto cittadino, rimane quella di un nuovo intervento normativo di “adeguamento tecnico” dell’articolo 167 alle nuove fattispecie previste dall’articolo 36 bis L comma IV del D.Lgs. n. 380/2001.
*Notaio
Professore a contratto di diritto privato presso l'Università telematica Guglielmo Marconi di Roma
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