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Biennale Architettura di Venezia, si avvicina l'inaugurazione

L'importante rassegna aprirà il prossimo 20 maggio con i riflettori puntati sul continente africano

03 Aprile 2023

Biennale Architettura di Venezia, si avvicina l'inaugurazione

Cambiamento. È questa, probabilmente, la parola con cui la curatrice Lesley Lokko spera che venga ricordata la 'sua' Biennale di Architettura. The Laboratory of the Future, aperta dal 20 maggio al 26 novembre 2023 nelle consuete sedi di Venezia, affronterà i temi della decolonizzazione e decarbonizzazione puntando come mai prima d’ora i riflettori sull’Africa e sulla sua diaspora. Un atto necessario, da considerarsi come il punto di avvio per una nuova narrazione sulla disciplina, fin qui affidata a “una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale”, ha affermato l’architetta, docente di architettura, scrittrice, nonché fondatrice e direttrice dell’African Futures Institute, in Ghana. Allargando la visuale, quest’anno le partecipazioni nazionali saranno 63 (di cui 27 nei Padiglioni ai Giardini, 22 all’Arsenale e 14 nel centro storico di Venezia); debutteranno il Niger e Panama (per la prima volta in formazione autonomia) e, dopo l’esordio del 2018, tornerà la Santa Sede con un padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore. L’annunciato proposito di cambiamento si rifletterà in un’articolazione espositiva scandita da sei sezioni e, in campo lessicale, nella presenza di practitioner, termine più ampio di architetto (o di urbanista, designer, paesaggistica, ingegnere) adottato dalla curatrice per identificare i protagonisti della kermesse lagunare. Oltre la metà dei professionisti che esporranno provengono dall’Africa o dalla diaspora africana; l’età media è di 43 anni (il più giovane ha 24 anni) e nella selezione viene garantito l’equilibrio di genere. Meno rilevante che in passato sarà il “peso” dei grandi studi globali, poiché per la prima volta in assoluto quasi la metà dei partecipanti opera in studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone. Una novità che avrà un chiaro riflesso nel percorso espositivo – oltre il 70% delle opere di The Laboratory of the Future è stato infatti progettato da studi gestiti da un singolo o da un team molto ristretto –, ma che più in generale indica la storica metamorfosi in corso nel settore a livello internazionale.

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