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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Le parole non hanno più un senso chiaro, definitivo, ma quello che fa comodo al momento: scardinano la mente, sono gender pure quelle

La cannibalizzazione dell'occidente passa per le nuove istanze pretestuose e autoritarie, dal woke alla cancel al politically correct, ma anche per l'uso che si fa dei termini, ormai completamente slegato dalla realtà: si finisce per scardinare la logica stessa e a quel punto tutto diventa possibile.

30 Novembre 2022

mente e parole

Il processo di autoannientamento dell'occidente procede vigoroso e con sostegni ora più, ora meno palesi. Tra quelli evidenti, i comandamenti esportati dall'America come nuove democrazia: woke, cancel culture, politically correct che sarebbe a dire: pensare come vogliono le élite globaliste ed esprimersi in quel modo esangue, invertebrato. Poi c'è la sagra dell'idiozia linguistica, con le sue vocali capovolte o accartocciate, gli asterischi, i simboli esoterici per non offendere nessuno. Poi i lemmi ideologici che scardinano la realtà, che discriminano con la scusa dell'inclusione: il fascismo passepartout, il razzismo pretestuoso, come quello di chi dice: la famiglia Soumahoro la perseguitano perché nera, glissando sui 63 milioni ingurgitati in 20 anni di appalti ballerini, sullo sfruttamento degli “ultimi”, che nelle grinfie del clan diventavano ancora più derelitti, della malagestione, talmente colossale che dal governo hanno annunciato la liquidazione coatta, misura estrema che si usa per le imprese decotte e travolte dai debiti. Anche le formule sessuali non sono male: “non binario”, per dire opportunista, oggi qui, domani là, a seconda della convenienza. Non binaria è la Ellie Schlein, della quale nessuno ha capito la consistenza, ma le è bastato parlare di sé, dire che si concede in modo equanime ad amici e amiche (di Ellie), per meritarsi la nomination alla segreteria del PD. E quanto a contenuti, Schlein ricalca molto il compagno stivali, Aboubakar, ma a sinistra il demone dell'influencer ormai è scatenato, non suscettibile di esorcismi.

Già, le influencer: cosa fanno di mestiere? Niente, sponsorizzano marchi più o meno costosi ma più che altro vendono mediaticamente le loro chiappe, le loro tette, da cui la dicitura, all'inglese: creator digitale, entertainer digitale. Il digitale come il nuovo crisma di attendibilità. E per simili formule, declinate in un insopportabile pidgin, si arriva al definitivo scardinamento della realtà alla maniera di Nino Frassica. Una che sta coi chiapponi a pelo d'acqua non è una esperta nell'antica arte, aggiornata ai tempi, è una “creator”. I rompicoglioni che bloccano il traffico e tirano zuppe di riso e piselli su dipinti, statue, feticci della pop art, ispirandosi, specificano, “alle Brigate Rosse” non vengono chiamati terroristi ma attivisti, non si sa di che. Una disagiata capricciosa e bestialmente ignorante di cose climatiche diventa “coscienza globale”, candidata al Nobel per tutto sulla base del seguente assioma: “Potenti! Avete rubato la mia infanzia! Come osate!”. Abbiamo visto un uomo, sano, travestito da donna malata, ammoniti dai media che “se lui cioè lei si sente così, allora va rispettato così e quindi è una donna invalida”. I quattro o cinquemila che periodicamente si ritrovano per sfasciarsi di roba chimica, occupando proprietà altrui, devastandola, finendo nel loro vomito e nelle loro feci, sono “giovani portatori di ideali sani (sic!) che si ritrovano per fare musica”. Morgan, questo curioso personaggio del quale nessuno ricorda una canzone, un successo, niente, sarebbe in altre epoche un patetico mestierante, però, siccome lui di sé dice “Sono un direttore d'orchestra, sono un genio”, allora vada per il genio. I fannulloni che scroccano un reddito di cittadinanza cui non hanno diritto, diventano “i penalizzati” (non gli altri, cui viene sottratto: loro, compresi quelli che lo percepiscono in 10 in una famiglia senza che nessuno si degni di trovare un lavoro a parte il ladro o lo spacciatore). Giuseppe Conte, che da primo ministro inaugurò la torbida stagione dello stato concentrazionario a colpi di DPCM per lo più illegittimi, è, apprendiamo, “un paladino della libertà”, come d'altronde ama definirsi. Il partito di Emma Bonino ha percepito 1,5 milioni di euro per determinare politiche in odor di sovversione? Tutto regolare, ma quale corruzione, “e poi non erano un milione e mezzo di euro, erano centocinquantamila euro per ciascuno dei dieci candidati: la nostra è democrazia”. Una cosca di invasati, ballerini, malfattori, nel senso tecnico della parola, fare male, non saper fare, diventano scienziati, dell'ordine dei virologi.

Vale tutto e il contrario di tutto, vale dire e disdire, le parole non hanno più il significato che secoli di storia gli hanno depositato addosso, ma il significato del momento, stabilito magari dal diretto interessato, in palese conflitto d'interessi con la logica, l'etica e l'estetica. Ma basta chiamarlo concerto d'interessi e tutto va a posto. È un mondo fantastico, dove un elefante lo puoi chiamare giraffa, disegnare come un cavallo e attribuirgli qualità le più fantasiose. La gente non capisce? Niente paura: capirà, bisogna solo tenerle il cervello a bagnomaria il giusto. O nello schiaccianoci. Disney registra il peggior flop della sua storia con un cartone animato delirante su un agricoltore sedicenne non binario? Il pubblico non lo capisce, non ha voglia di capirlo, non accetta l'ennesima lezioncina moralistica, di una morale completamente stralunata? Subito partono, come uno stormo di Stukas, i servi e gli scriba che spiegano: è la prova decisiva che in occidente c'è ancora troppo sessismo, troppo razzismo, troppo fascismo. È una menzogna bella e buona, non ha alcun senso, ma nell'epoca della fine del senso che senso ha appellarsi alla ragione?

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