21 Luglio 2025
Fonte: imagoeconomica
La situazione politica non è buona. La situazione economica non è buona. La situazione internazionale non è buona. Quante cose per Adriano Celentano non erano buone: dalla situazione della nostra terra a quella del lavandino, dalla situazione dell’acqua a quella di sua sorella (che era sorella Terra per la verità), passando per la situazione dei piccoli cani e tanto altro.
Le aveva elencate in un pezzo geniale. Un elenco di preoccupazioni che chiudeva con un punto: “ma la più grande sciagura sono gli architetti”. E adesso che Milano è sconvolta (lo sarà davvero?) dall’ennesima inchiesta giudiziaria dobbiamo dire che il ragazzo della via Gluck aveva ragione. La più grave sciagura sono gli architetti, per non dire di quelli che si uniscono in circoletti fighi in Triennali di potere (a proposito: per quanto tempo ancora Boeri deve restare alla presidenza?), quelli che si sentono i nuovi padroni delle città, quelli che creano skyline tutti uguali, linee d’orizzonte di metropoli globali dove Milano può essere Dubai. Eccome se aveva ragione Adriano. Lo diceva nel 2007 con un album dove indossava i guantoni da boxe. <La catena di montaggio della distruzione dell’umanità parte dai comuni che sono i mandanti - spiegava in una intervista alla Stampa - Poi ci sono gli architetti, e certo i comuni hanno i loro geometri. I comuni, più che far qualcosa, lasciano fare, danno vita a queste brutture, non si oppongono: non ha importanza se il destino di chi ti cammina accanto sta crollando, è questa la disgrazia>.
Ecco, la disgrazia. E infatti tutti ora puntano l’indice contro Beppe Sala e il suo sistema, non solo per l’inchiesta in corso ma per le responsabilità politiche di una rete relazionale precisa che lo ha retto in questi anni. La meccanica della eventuale corruzione non sarà facile da dimostrare in aula, ma lo svuotamento dell’anima ambrosiana per fare un Paese dei Balocchi sospeso tra gli sceicchi e i maranza, tra i nuovi padroni di Milan e Inter e i nuovi boss delle curve di San Siro in odor di malavita, tra Tancredi/Catella e Davide Lacerenza, è sotto gli occhi di tutti.
Quartieri rimessi a lucido come pezzi di una donna che si rifà tutta: le archistar sono il chirurgo plastico della metropoli, che si trasforma all’insegna di canoni di una bellezza finta, omologata, artefatta; una rifattona mantenuta da speculatori che fondono mattone e finanza, calcestruzzo e fondi sovrani del Qatar. Era una bella donna, Milano, aristocratica e pop nello stesso tempo, complice di martinitt e famiglie blasonate, capace di passare da Verdi a Jannacci, da Toscanini a Gaber. Aveva il Pirellone, il Design, la Moda, la Borsa, l’Editoria, è sempre stata avanti. Albertini non ha snaturato Milano, l’ha evoluta. Sala no.
Si sono mangiati la Via Gluck, i quartieri popolari, le case di ringhiera per fare posto a grattacieli dritti, storti, boschi verticali e rendering ecosostenibili che poi quando escono dai pc e atterranno nelle città le piante spariscono. Ma loro, i riformisti, si mettono le calze colorate e si autocertificano come sindaci green. Sindaci di una Milano che negli ultimi dieci anni ha speso 30 miliardi in mattone, più di Toscana e Piemonte messi assieme!
Nel tanto criticato decennio socialista l’ascensore sociale si muoveva per tutti, spinto dall’intuizione dei meriti e dei bisogni; il sistema Sala - quello delle battaglie green e lgbt - espelle il ceto medio, espelle le famiglie, espelle gli studenti, per fare posto a calciatori, bankster, broker, influencer, rapper e cafoni di altra risma. Le periferie? Certo, per gli immigrati perché la sinistra mica può farsi parlare dietro: quindi tutti dentro e… in culo ai conflitti sociali che si consumano ogni giorno.
Non so se Beppe Sala sarà colpevole secondo la legge, per lo è politicamente al di là di ogni ragionevole dubbio: è colpevole per avere tolto a Milano un’anima che persino negli anni Ottanta comunque era preservata: in quel caleidoscopio meneghino che era il Drive In, per esempio, il bocconiano di Catanzaro stava tra il Paninaro di san Babila e la Guardia giurata, pugliese.
Sala ha portato Milano nella beauty farm della globalizzazione, affidandola a due grandi sciagure: gli architetti e gli speculatori.
Di Gianluigi Paragone
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