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Papa Francesco ha combattuto la corruzione nella chiesa, ma ha alienato i conservatori con le sue posizioni culturali

Con la riorganizzazione delle finanze e della Curia romana, Bergoglio ha perseguito le riforme che non erano riuscite al suo predecessore

24 Aprile 2025

Papa Francesco ha combattuto la corruzione nella chiesa, ma ha alienato i conservatori con le sue posizioni culturali

Papa Francesco, fonte: imagoeconomica

In questi giorni di lutto – e di costanti discussioni sui media – in merito alla scomparsa di Papa Francesco, pochi sembrano ricordare uno degli aspetti più importanti del suo pontificato: la necessità di combattere la corruzione e le divisioni all'interno della Chiesa, che avevano spinto Benedetto XVI a dimettersi nel 2013. Certamente può sembrare un tema secondario rispetto alla testimonianza spirituale di Bergoglio, ai suoi sforzi di essere vicino alla gente e aprire a temi progressisti come l’ambiente e gli omosessuali; ma in realtà le azioni di questo Papa per mettere in ordine le questioni finanziarie del Vaticano e per ridurre il potere della Curia romana sono state molto importanti.

Quando Papa Ratzinger dichiarò di non avere più le forze per esercitare il suo ministero, erano emerse con evidenza una serie di problemi interni alla Chiesa, a cominciare dalla resistenza ai tentativi di affrontare scandali e accuse di corruzione e cattiva gestione finanziaria. Su questo fronte, Benedetto XVI aveva istituito un nuovo organo interno di supervisione, in risposta alle crescenti preoccupazioni legate alla contabilità e al possibile riciclaggio di denaro all'interno dello IOR, noto anche come la Banca Vaticana. Di fronte a queste resistenze — secondo diversi analisti — il Pontefice avrebbe deciso di fare un passo indietro, lasciando spazio all’apertura di una nuova fase riformatrice.

Papa Francesco si è mosso rapidamente in questa direzione. Nel 2014 ha istituito la Segreteria per l’Economia, affidandole un ruolo chiave nella supervisione finanziaria, e ha ristrutturato l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Ha incaricato revisori esterni indipendenti e posto lo IOR sotto la vigilanza degli organi di controllo finanziario vaticani. Sono stati inoltre chiusi migliaia di conti correnti considerati non coerenti con le finalità religiose dell’istituto, e lo IOR ha iniziato a pubblicare una relazione annuale con il bilancio certificato.

Parallelamente, Francesco ha avviato una profonda riforma della Curia romana. Ha sostituito numerosi prelati nominati dai suoi predecessori — spesso ritenuti troppo conservatori o ostili alla sua visione pastorale — e ha riorganizzato la macchina istituzionale della Santa Sede. Alcuni dicasteri sono stati accorpati, altri riorientati, con una nuova enfasi posta sulla missione evangelizzatrice della Chiesa. Il principio guida della riforma, ufficializzato nella costituzione apostolica Praedicate Evangelium, è che la Curia non debba più essere un centro di potere, ma uno strumento al servizio del Papa e delle Chiese locali.

Bergoglio ha anche aperto alla presenza di laici in alcuni dicasteri vaticani, così come al voto delle donne all’interno del Sinodo, una decisione presa già nel 2013. Insieme ai suoi commenti sugli omosessuali, all’attenzione per i migranti, i poveri e l’ambiente, il suo papato è stato percepito come molto progressista, e criticato dai cattolici più conservatori per l’impressione che inseguisse troppo la cultura popolare.

Per questo, gli interventi di Francesco sono stati spesso ben accolti dalla società più ampia, ma criticati all’interno del mondo cattolico. Negli Stati Uniti in particolare, dove la Chiesa è più conservatrice, il disappunto è stato tangibile. Da una parte si ribadiva l’importanza di mantenere un papato forte, piuttosto che ridurre la Chiesa al livello delle altre istituzioni contemporanee: dall’“aureola dell’infallibilità” — come scritto dal commentatore Ross Douthat sul New York Times — a un tentativo di essere carismatica, ma senza la forte legittimazione di un tempo.

Sul piano politico, si è assistito allo scontro tra il Papa e JD Vance all’inizio dell’anno: il vicepresidente americano ha cercato di giustificare la politica dura nei confronti degli immigrati facendo riferimento al concetto di ordo amoris di Sant’Agostino, cioè una gerarchia dell’amore che, in sostanza, esclude chi non appartiene alla propria famiglia, comunità o nazione. Il Papa ha risposto nella sua lettera ai vescovi americani, parlando della necessità di costruire “una fraternità aperta a tutti, senza eccezioni”.

Dopo i funerali di Papa Francesco si aprirà il conclave, e si porranno domande cruciali sul futuro della Chiesa. Il prossimo Pontefice potrebbe essere più conservatore di Bergoglio sul piano culturale, anche se non è esclusa la possibilità di una scelta proveniente da una regione del mondo finora mai rappresentata — come l’Asia o l’Africa. Francesco ha lasciato un’impronta profonda sulla Chiesa, con le riforme interne — seppur criticate da alcuni come insufficienti, ad esempio sulla questione della pedofilia — e nominando la maggior parte dei cardinali che parteciperanno all’elezione del suo successore. Resta da vedere se il prossimo pontificato continuerà a spingere la Chiesa verso una maggiore apertura culturale, oppure se prevarrà una linea più cauta, nel tentativo di non alienare il sostegno dei fedeli più tradizionalisti.

Di Andrew Spannaus

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