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Omicidio Alice Scagni, in appello confermata la pena di primo grado, Alberto condannato a 24 anni e 6 mesi

Il procuratore generale aveva chiesto l'ergastolo, mentre la difesa aveva suggerito di mandare il detenuto in una rems per rieducarlo. Il fratricida era in aula

16 Aprile 2024

Omicidio Alice Scagni, in appello confermata la pena di primo grado, Alberto condannato a 24 anni e 6 mesi

È stato condannato a  24 anni e sei mesi di reclusione Alberto Scagni, l'uomo di 42 anni che la sera del Primo maggio del 2022 ha ucciso la sorella Alice, di 3 anni più grande, davanti al suo appartamento di via Fabrizi a Quinto con una ventina di coltellate. Il collegio dei giudici della Corte d’Assise di appello e la giuria popolare presieduta da Annaleila Dello Preite hanno confermato la sentenza di primo grado che aveva visto Scagni essere condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione anche in virtù del riconoscimento della semi-infermità di mente. I giudici hanno non hanno riconosciuto tutte  le aggravanti evidenziate nella requisitoria del sostituto procuratore generale Ezio Castaldi, che aveva chiesto l’ergastolo per Scagni aggravato dalla crudeltà, dalla premeditazione e dal mezzo insidioso. Il legale dell’imputato, l'avvocato Alberto Caselli Lapeschi, invece aveva chiesto le attenuanti generiche e la possibilità di essere processato con il rito abbreviato che prevede lo sconto della pena di un terzo. Ma anche la possibilità di essere trasferito subito dal carcere in una Rems, la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, per essere curato dal punto di vista psichiatrico. 

“Ergastolo – aveva  detto il pg – è una parola terribile ma bisogna anche tenere presente che in un caso come questo dobbiamo puntare alla rieducazione dell’imputato. E il codice di procedura penale di fatto permette di evitare il carcere a vita come noi lo intendiamo nella parola ergastolo. Ci sono sconti di pena, permessi e libere uscite in caso di buona condotta del detenuto. Giusto che sia Scagni a iniziare così un cammino di rieducazione”. Il processo d’appello arriva pochi giorni dopo l’archiviazione del procedimento sui poliziotti del 112 e sulla dottoressa del centro di salute mentale che raccolsero gli allarmi dei genitori di vittima e assassino e il sostituto procuratore generale ha anche parlato di questo durante la requisitoria: “I genitori – ha detto  – hanno cercato di dare la colpa della morte ai poliziotti ma c’è stato pieno proscioglimento. Un conto è quello che lo Stato può fare, un conto è quello che un poliziotto singolo può fare.  E’ chiaro che se avessimo decine e decine di auto della polizia saremmo andati sul posto. Qui nessuno pensava che Scagni poteva arrivare a questi eccessi. Neppure la vittima stessa che ha tranquillizzato lo stesso marito dicendo che sarebbe scesa a parlare con il fratello”.

Oggi Scagni, detenuto nel carcere di Torino dopo il pestaggio avvenuto in quello di Sanremo, era presente in aula.

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