18 Novembre 2021
Rompe il silenzio Marco Bianchi, accusato dell'omicidio di Willy Monteiro Duarte. Uno dei colpevoli della morte del giovanissimo Willy ha dichiarato di aver detto la verità ma di non essere stato creduto. Oggi si è tenuta una nuova udienza del processo per l’omicidio di Willy nella Corte d'Assise del Tribunale di Frosinone. In aula erano presenti tutti gli imputati: dai fratelli Bianchi a Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. Le dichiarazioni di Marco Bianchi sono state riportate dall'inviata dell'Adnkronos Silvia Mancinelli.
A prendere la parola è stato proprio Marco Bianchi, che ha messo da parte l'atteggiamento da duro che ha sempre avuto, mostrando rispetto e gentilezza nei confronti dei presenti e del pm Giovanni Taglialatela. Marco Bianchi ha iniziato il suo discorso parlando prima di se stesso e della propria vita. "Ero un semplice ragazzo, lavoravo al bar di mio fratello, ho sempre praticato il mio sport, la disciplina dell'MMA, da quando avevo 9 anni. Una passione di famiglia, visto che il maestro era mio zio, e che volevo fare come lavoro. Una semplice vita la mia, tra casa, amici e palestra. Prima di iniziare a lavorare al ristorante mi arrangiavo ma in nero, ho sempre lavorato. Lo sport che praticavo è uno sport come tutti gli altri, con delle regole. Mi chiamavano "Maldito il maledetto", ma senza un significato preciso, era un nome come tanti". Marco Bianchi, nella sua dichiarazione ha proseguito parlando del rapporto con Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. "Ho conosciuto Francesco e Mario alle scuole medie, poi ognuno ha cambiato istituto e da lì non ci siamo più visti. Una semplice amicizia, ogni tanto li incontravo ad Artena, poi quando mio fratello ha aperto il locale, Belleggia ha iniziato a venire. Ci sentivamo, veniva a casa mia, nonostante dopo i fatti lui abbia dichiarato che non fossimo amici. Così con Mario, anche lui veniva al ristorante".
Dopo aver terminato la sua introduzione, Marco Bianchi ha proseguito con le sue dichiarazioni parlando dei fatti avvenuti tra il 5 e il 6 settembre 2020. "La sera dei fatti ero al ristorante con mio fratello, che lì lavorava, e con i miei amici. Poi io ho deciso di andarci a bere una cosa a Colleferro, io, mio fratello Gabriele, Vittorio Tondinelli, Omar Sahbani e Michele Cerquozzi. Guidavo io il Q7, era circa mezzanotte. Siamo andati al "Due di picche" e lì abbiamo bevuto: abbiamo incontrato Francesco Belleggia e Mario Pincarelli intorno all'una. Da lì siamo usciti, ho incontrato una mia amica, abbiamo parlato del più e del meno e siamo andati a farci un giro con lei, Gabriele, Vittorio e le altre due ragazze amiche. Michele e Omar ci aspettavano nella piazza dei locali, a Colleferro, quando più volte hanno chiamato per dirci che c’era una lite sono tornato con mio fratello, Vittorio e le tre ragazze in macchina con noi. Ma assolutamente non correvo, come è stato detto. Quando siamo arrivati nella piazza della movida ho visto la folla di gente accalcata nei giardinetti. Mi sono impanicato, ero agitato. C’erano delle persone, ma andavo a 15/20 km/h al massimo. Ho spento la macchina e sono sceso tranquillamente, come tutti gli altri, mi sono avvicinato cercando i miei amici, Omar e Michele. Quando sono arrivato c’era tanta gente, mi sono permesso di spingerli non di picchiarli. Se li avessi picchiati perché non sono andati a farsi refertare in ospedale? Ho visto Omar e accanto a lui Willy, che non conoscevo. Da agitato, impanicato, l’ho spinto e gli ho dato un calcio al fianco sinistro. Lui è caduto, ma non ha sbattuto contro la macchina. Omar mi ha fermato dicendo che non c'entravano nulla, di andarcene. Ho visto Willy rialzarsi subito. Conosco le conseguenze di un calcio frontale, se gli avessi dato un colpo al petto avrei ammesso la mia responsabilità. Ho dato un calcio a Willy, ma l’ho preso sul fianco sinistro, qui - indica in piedi al pm - non sul petto. Quando sono andato a Colleferro e ho visto il gruppo di persone, mi sono agitato perché credevo che il mio amico stesse litigando, ho colpito Willy perché era lì fermo davanti a Omar. Conosco le conseguenze di un calcio al petto, non mi sarei mai permesso". Mario Bianchi ha inoltre provato a scagionare anche il fratello dalle accuse di omicidio, dichiarando che "Gabriele non ha colpito Willy, ma un altro ragazzo che temeva potesse colpirmi".
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