12 Gennaio 2021
Twitter ha oscurato temporaneamente l'account del quotidiano Libero con l'avviso di "attività sospette". Nelle ultime ore pure i leader di Francia e Germania, hanno capito i rischi per la libertà che vanno ben oltre il caso Trump. Rischi confermati dalla cancellazione di Parler, un piccolo social newtwork alternativo su cui si erano buttati i seguaci di Trump dopo la sua messa al bando da Twitter. Le aziende che gestiscono i server gli hanno staccato la spina, mentre Google e Apple hanno tolto l'app dai loro store.
A questo quadro si aggiunge che l'authority dell'Irlanda, dove ha sede legale il gruppo che comprende Facebook e Whatsapp, sta svolgendo accertamenti in coordinamento con le omologhe autorità del continente, si apprende dagli uffici del Garante della privacy italiano. Lo scorso 7 gennaio è comparsa un'informativa sulla privacy che si è costretti accettare pena la rimozione di Whatsapp dal telefonino. L'avviso menziona la condivisione con Facebook dei dati raccolti con Whatsapp. Ovvero proprio ciò che Mark Zuckerberg aveva giurato che non sarebbe mai accaduto al momento in cui Facebook acquisì Whatsapp. Del resto, si erano subito chiesti gli osservatori delle cose della Rete, per quale motivi spendere 19 miliardi di dollari quando Facebook ha già un servizio di messaggeria istantanea molto simile? "Chiaramente - spiega Federico Fuga, ingegnere del software e osservatore delle questioni della Rete - a Facebook interessava la base utenti di Whatsapp".
Il pacchetto di dati che verrebbe condiviso tra le due aziende è estremamente penetrante: il numero di telefono, i dati sulle transazioni, le informazioni sulle interazioni con altri utenti o aziende, dettagli sull'apparecchio e l'indirizzo ip che identifica ciascun utente nel momento in cui si collega in Rete. Una nota diffusa da Whatsapp ha subito cercato di sminuire i timori spiegando che la condivisione dei dati con Facebook è limitata e non riguarda gli utenti dell'area europea. I Garanti hanno deciso di muoversi comunque per chiarire la situazione. "Non bisogna demonizzare le aziende e del resto i servizi in qualche modo vanno ripagati - spiega Fuga - però è vero che i potenziali sviluppi del trattamento di massa dei dati con gli strumenti dell'intelligenza artificiale possono creare effetti potenzialmente dannosi per gli utenti. Una macchina che mette in relazione tanti dati diversi potrebbe ad esempio incasellare l'utente automaticamente tra persone a rischio solvibilità per un prestito o a rischio salute per un'assicurazione, con modalità automatiche che nemmeno gli scienziati del settore controllano".
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