27 Aprile 2025
I primi fenomeni di massa furono Mozart e Chopin. Poi Garibaldi a Londra e infine i funerali di Vittorio Emanuele II a Roma nel 1878 e di Verdi a Milano nel 1901. La morte del primo re d'Italia vinse nell'audience i funerali di Bergoglio: più di 200.000 italiani fra il Quirinale e il Pantheon, in una Roma che aveva gli stessi abitanti di chi accolse a salutare il Padre della Patria. E Verdi raggiunse i 300.000 partecipanti ai suoi funerali in un'Italia che aveva solo 34 milioni di cittadini. Senza dimenticare 500.000 italiani per i funerali del re Umberto I. Non è quindi Bergoglio che inventa i funerali di massa quale rito massmediale. Non dimentichiamo i 3 milioni di fedeli che riempirono Roma alle esequie di San Giovanni Paolo II nel 2005, con 29 maxischermi posizionati in tutta l'Urbe e una media di ventunmila fedeli ogni ora in San Pietro per cinque giorni per l'ultimo saluto al grande Papa polacco. Non sono quindi i numeri una novità o un particolare record per Bergoglio ma è l'attenzione mediatica e la forza iconica più penetrante del solito a rendere speciale questi funerali, per nulla tristi ma molto festosi e molto televisivi. Bergoglio è stato il Vescovo di Roma più amato e più celebrato dai massmedia, a differenza di tutti i Papi, spesso criticati e osteggiati dall'opinione massmediale. Ha aiutato certamente l'alto numero di leader mondiali presenti e anche la scenografia meravigliosa di Roma dal Vaticano fino alla basilica di Santa Maria Maggiore e per di più attraverso Via dei Fori Imperiali. E' come se Bergoglio avesse già organizzato con abilità da esperto di marketing l'effetto teatrale dei suoi funerali. Attraversare i Fori come un Imperatore romano nel suo trionfo, non si vedeva dai tempi di Mussolini. Un funerale ricco di smartphone e connotato da un' approccio tipo "selfie" che dimostra il dominio odierno della "società dello spettacolo" e del "culto televisivo dell'applauso". Tre le immagini iconiche più forti: Trump e Zelensky in San Pietro seduti uno vicino all'altro mentre parlavano piegati in avanti (ricordavano Giovanni Paolo II e Alì Agca), la papamobile che attraversa il ponte Vittorio Emanuele II e poi in Piazza Venezia e infine la semplice e iconica tomba bianca in Santa Maria Maggiore, con la sua eccentrica croce in alto sul muro, illuminata, e la lapide a terra, bianca, con una rosa bianca. La potenza delle immagini domina in una società dove è il gesto e l'atteggiamento che conta e si ricorda, non i pensieri o le azioni. Anche alle esequie di Giovanni Paolo II ci furono momenti iconici come la semplice bara di legno con sopra la Bibbia le cui pagine venivano mosse dal vento. Un segno spirituale, quasi mistico. Quì invece l'iconicità appare tutta incentrata sul "personaggio Bergoglio" e sul suo ruolo politico-ecclesiale. Sembra che l'insistenza massmediale serva pressantemente anche un intento politico di fidelizzazione dei cardinali al fine di "blindare il Conclave" per garantire una successione filo-bergogliana. Tale preoccupazione non c'è mai stata nella storia della Chiesa cattolica: ogni Papa ha un suo carisma e la "teologia del Conclave" è una teologia della storia quale "storia della salvezza", guidata dallo Spirito Santo. Ora invece l'insistenza televisiva ed ecclesiale sulla persona del defunto Vescovo di Roma (il Rosario, la Messa, i Vespri dei Cardinali, l'omaggio alla tomba) sembra togliere libertà e attenzione all'aspettativa di un nuovo Papa; aspettativa che prima era questa il centro dell'attenzione e della tensione. Attraverso questi funerali c'è da dire infine che Roma celebra se stessa (come nel film: "Conclave"), la sua bellezza, la potenza e grandezza della Chiesa cattolica quale ritualità solenne e sacrale, il mondo quale teatro e scena performativa. Roma torna caput mundi, cioè luogo centrale dove tutte le potenze sono accolte e possono conversare, per la pace e i loro affari. L'universalità di Roma è la vera trionfatrice in questo rito pubblico. Ricordiamo infine (per chi sia a digiuno di Catechismo cattolico) la testimonianza di un grande Papa, molto umile: Giovanni Paolo I "il Papa non è così importante, è Cristo importante". Oggi sembra invece che il rapporto fra il Signore e il Suo Vicario si sia invertito!
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