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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Responsabilità individuale e collettiva, libero arbitrio e consapevolezza che gli artefici di stati d’animo e contesto di vita siamo noi stessi

Dipendenza e responsabilità sono inversamente proporzionali: all’aumentare della dipendenza diminuisce la capacità di essere responsabili; Hegel evidenzia la figura del Servo-Padrone, dove il padrone diventa dipendente del lavoro compiuto dal servo a tasso punto da diventare lui il Servo

28 Novembre 2024

Responsabilità individuale e collettiva, libero arbitrio e consapevolezza che gli artefici di stati d’animo e contesto di vita siamo noi stessi

Responsabilità individuale e collettiva, il libero arbitrio e la consapevolezza che gli unici artefici dei nostri stati d’animo e del contesto di vita che generiamo siamo noi stessi

«Re spondere» significa promettere.

Esiste una promessa di fondo che noi esseri umani incarniamo dalla nascita, ma che spesso dimentichiamo; la promessa di realizzare al meglio la nostra natura umana, di coltivare il bene prima dentro e poi fuori da noi.
Questa Responsabilità è ciò che ci rende umani. Dimenticarla significa tradire la nostra natura, essere irresponsabili.

Il “prendersi le proprie responsabilità” è per definizione l’essere congruenti con un impegno assunto o con un comportamento, in quanto colui o colei che la assume comprende e sottintende l’accettazione di ogni conseguenza.

La responsabilità personale può prender forma laddove vi è libero arbitrio: ovvero nel momento in cui si ha la possibilità e la capacità di scegliere per se stessi. Questa viene definita autonomia. L’autonomia può diventare indipendenza quando, nel decidere per sé, un individuo non si cura e non tiene in considerazione il punto di vista e le esigenze altrui (da distinguere dall’Anarchia, movimento più casuale privo di direzione definita).

L’essere completamente indipendenti comporta l’assumersi le responsabilità al 100%, andando però a limitare la libertà di pensiero degli altri, imponendo il proprio. Questo non porta all’avere un potere assoluto, bensì ad una presunzione nei confronti di una qualsiasi opinione contrastante alla propria. Questo atteggiamento è contraddistinto da un carattere prepotente: ovvero che pensa di prevalere sul giudizio degli altri.

All’estremo opposto troviamo la dipendenza totale da qualcuno o qualcosa; questo porta ad uno spegnimento personale, essendo la persona in questione priva di ogni tipo di responsabilità. Al non avere responsabilità consegue il non avere potere né in termini di pensiero né in termini di azione. In questa condizione vi è una delega totale nei confronti degli altri, rinunciando a sviluppare un proprio punto di vista e subendo passivamente le decisioni altrui.

Sovente, quando la nostra mente ragiona per opposti, non si rende conto che vi è una terza strada, che solitamente coincide con la via di mezzo. In questo caso facciamo riferimento all’Autonomia.

Nell’essere autonomi si ha la completa responsabilità del proprio pensiero, ma nel momento in cui questo deve diventare azione è necessario che venga condiviso e negoziato con gli altri, realizzando così un processo di interdipendenza positiva. In questo caso si può parlare di co-responsabilità di tutti i partecipanti al processo decisionale, dove ognuno si assume eventualmente la responsabilità del processo d’azione, in toto o in parte. L’autonomia comprende la condivisione delle proprie opinioni, l’integrazione di più gruppi e la cooperazione tra questi.

Se mettiamo in rapporto dipendenza e responsabilità possiamo vedere come queste siano inversamente proporzionali: questo significa che all’aumentare della dipendenza diminuisce la capacità di essere responsabili. Ne discute Hegel con la figura del Servo-Padrone, dove il padrone diventa dipendente del lavoro compiuto dal servo a tasso punto da diventare lui il Servo.

Per fare un esempio alla portata di tutti possiamo parlare della “dipendenza alla novità”. In questa società, industrializzata e commercializzata, tendiamo quasi sempre ad attribuire la responsabilità del nostro essere infelici a cause esterne. Il fatto di non possedere l’ultimo cellulare uscito ci mette ansia, ci fa sentire inferiori agli altri componenti di questa società ossessionata da oggetti materiali. È diventato ormai consuetudinario delegare al possedimento di oggetti il potere di renderci felici, senza perciò prendersi la responsabilità del proprio malessere. Senza una nuova macchina o senza vestiti alla moda le persone della nostra società si sentono perse e incapaci di gestire le proprie emozioni interiormente, pensando di poter migliorare il loro stato d’animo acquistando l’ultimo gadget prodotto.

Questo nostro attribuire a fattori esterni il potere di renderci o meno felici è un vero e proprio processo di de-responsabilizzazione, il quale è diventato un’abitudine ormai immagazzinata.

Il non prendersi le proprie responsabilità è divenuto  adesso un comportamento diffuso anche nel piccolo o nel personale ed è per questo che non ce ne rendiamo più conto.

È inutile lamentarsi nel grande quando siamo i primi a non provvedere nel piccolo.

La nostra responsabilità inizia dalla consapevolezza di ciò.

Dovremmo iniziare a capire che gli unici artefici dei nostri stati d’animo e del contesto di vita che generiamo siamo noi stessi; e che pertanto bisogna che ognuno impari a prendersi le proprie responsabilità, non solo nel momento in cui riguarda altre persone (in comunità), ma in primis quando si tratta di responsabilità personale.

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