12 Gennaio 2023
C'è un filo rosso che lega alimenti sintetici e auto elettriche. È, fuori da facili complottismi, il processo di refinizione occidentale volto a fare tabula rasa di ogni lascito culturale, qualcuno lo chiama Agenda 2030, altri transizione verde: di bile senz'altro, anche scoprendo, ma lo sospettavamo, che Greta, l'apostola della trasformazione ecologica, viene lautamente foraggiata dai soliti gnomi maligni: Soros, eredi Getty, altri miliardari annoiati, misteriosi ma non troppo fondi speculativi finanziari perché “il green è il nuovo Eldorado”, un affare che fa impallidire il grande narcotraffico internazionale, roba da trilioni di dollari: i costi, invece, non vengono contabilizzati, in particolare quelli sociali: “Assisteremo alla perdita di 800 milioni di posti di lavoro ma i benefici si vedranno nell'arco di due, massimo trecento anni”. E chi si preoccupa per l'indomani mattina è un porco reazionario. Ma vediamo le cose per come stanno, per come si possono legare tra loro.
Presento da quindici anni a Porto San Giorgio una manifestazione storica dedicata ai veicoli d'epoca, “Moda e Motori d'altri tempi” si chiama e non per caso: una kermesse che mette insieme la grande tecnica automobilistica, il design tutto italiano e l'alta sartoria nel corso del Ventesimo secolo: un mondo che ad ogni edizione sembra più distante, più perduto eppure, proprio per questo, riscuote un gradimento sempre più convinto dal pubblico. L'effetto amarcord, certamente, la nostalgia canaglia di epoche in cui vivere era più bello, quanto meno ad un livello sociale: veder sfilare certe carrozzerie, lungo i cent'anni di lascito motoristico, è impagabile e se da quelle vetture scendono indossatrici agghindate in capi d'alta moda e acconciature che da sole illustrano un periodo – la “maschietta dei Venti ruggenti, la hippy dei confusi Sessanta – la sensazione è totale, la magia è completa. Bene, tutto questo è in via di archiviazione semplicemente perché una pletora di burocrati ha deciso che puzza troppo di antico, di reazionario, di non sostenibile, qualsiasi cosa voglia significare. La grancassa è martellante: l'auto elettrica, ci vuole l'elettrica, comandata “da remoto” in un'orgia di elettronica, non più macchina ma giocattolo costosissimo, alla portata di pochi, che però tiene, lei, in pugno il giocatore. L'abitacolo di queste nuove creature ricorda sempre più quello degli aerei di lusso, sono computer che si spostano su quattro ruote in un fruscio di silenzio: niente più il canto del motore che, da solo, configurava un modello, senti, senti quant'è incazzata, quella è senz'altro una Giulia: potevamo azzeccarci senza neppure affacciarci alla finestra. Bello, avveneristico, ma anche avventuristico: a San Benedetto del Tronto, che da Porto San Giorgio dista 20 chilometri, hanno dismesso le colonnine di ricarica: nel 2022 hanno venduto solo 40 di questi auto-plani che non servono a salvare il pianeta ma a distinguersi nella cerchia del borgo.
Di colpo, la grande motoristica da prodigio, testimonianza di un secolo che ha cercato di estinguersi senza mai riuscirci, diventa da mirabile a criminale. “Il motore del Duemila sarà bello e lucente”, cantava Lucio Dalla: si era sbagliato, il motore del Duemila è in fase terminale. Allo stesso tempo, ci è toccato leggere che la moda, con le sue creazioni e le sue sfilate, va abolita in quanto, anche quella, “non sostenibile”. Di ogni “come eravamo” è prevista la spietata rimozione senza vestigia di sorta.
Nella gastronomia non è diverso. È di pochi giorni fa l'annuale classifica che pone l'Italia in cima al mondo quanto ad arte culinaria: la sua cucina proletaria, mediterranea seppe escogitare da quei piatti umili soluzioni sempre più ricercate senza rinunciare alla tradizione, se mai innovandola dall'interno. De profundis anche per la grande cucina tricolore: la UE s'è indispettita, la baronessa Ursula dove c'è primato italiano perde subito le staffe; Bruxelles lancia le blatte, la farina di grilli, il ragù ai vermi, le larve “che sono così gustose, così nutrienti” come sempre più servi sciocchi si affannano a mentire, chi per prostituzione chi per emulazione. Nello spettacolo dedicato alle auto storiche, non a caso, si è sempre avuto cura di svelare ai partecipanti i luoghi della cucina tradizionale locale – marchigiana, nel caso specifico - con clamorosa soddisfazione generale. Anche questo, a quanto pare, deve finire; un signore di nome Bill Gates ha investito nel business della carne sintetica (che, a detta di chi l'ha provata, sa di moquette e comporta, secondo i nutrizionisti onesti, preoccupanti incognite di carattere sanitario). E la solita baronessa gli ha promesso, a spese nostre, 25 miliardi di euro di qui al 2030. Da cui, ancora una volta, la grancassa: ma tanto li mangiamo già, ma sono squisiti, ma allora siete come i novax, anzi siete proprio novax, sempre i soliti, contro la salute, contro il progresso.
Davvero? Sta di fatto che dallo scandalo dell'insetto nel piatto, siamo passati al tripudio del piatto di insetti: ancora una volta un dottor Stranamore si mette in testa di dirottare l'umanità e le istituzioni lo assecondano nella presunzione di essere le uniche a decidere il bene dell'umanità, quanto a dire il trionfo dello stato paternalista e scriteriato. Occorre tener duro, perché chi si ostina a non cascarci avrà il mondo contro. Per quel che mi riguarda, le prossime edizioni della mia rassegna non potranno che avere il senso di una resistenza umana, a tutti i livelli.
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