10 Novembre 2021
Lunedi 18 ottobre, presso il Palazzo Reale di Milano, si è inaugurata la mostra “Realismo magico, uno stile italiano”.
Ho visto finalmente di persona molte opere (soprattutto di Felice Casorati) che conoscevo da tempo in letteratura anche perché la “magía” delle tele di quell’autore mi erano giá note fin dai tempi in cui Adriano Olivetti pubblicava la rivista “Comunitá”.
Oltre all’evidente interesse artistico di questo evento, mi preme evidenziare che la mostra sembra avere voluto finalmente rendere giustizia a un momento culturale davvero significativo per la critica dell’Arte che ha avuto, proprio a Milano, il suo luminoso epicentro: potremo certo approfondirne ulteriormente la portata storica gustare assieme le opere esposte a Palazzo Reale ma credo che la cosa migliore sia proprio di andarle a vedere (diquesta esposizione è disponibile un bel catalogo).
Al di lá dei sofisticati dipinti che si possono ammirare, desidero comunque qui ricordare che la figura piú significativa emergente in filigrana da quella esperienza è l’architetto Emilio Bertonati (Levanto, 1934 – Milano, 1981).
In realtá, quando io stesso e l’amico scultore Renzo Bighetti studiavamo presso la Facoltá di Architettura del Politecnico di Milano, Emilio era uno dei giovani assistenti dell’indimenticato Franco Russoli, professore ordinario di Storia dell’Arte e brillante critico (soprattutto dell’Arte Moderna) scomparso troppo presto dalla scena culturale nazionale.
Con Emilio ci conoscevamo giá da prima di quel periodo; nato a Levanto, nelle Cinque Terre, Emilio vi tornava per le vacanze dove anche io le facevo da sempre.
Nella cittadina ligure, Emilio appariva un uomo semplice, comune, e ancora oggi, infatti,i suoi concittadini non ne hanno ancora compreso la reale importanza oltreché la dimensione internazionale. Tranne pochi, che come noi sapevano, i suoi concittadini ne percepivano solo i tratti sottilmente ironici e perfino un po’ snob: essi non sapevano che Bertonati conduceva a Milano e Monaco di Baviera una delle piú prestigiose gallerie d’arte moderna e che, soprattutto come critico, frequentava il mondo artistico germanico accreditando definitivamente alla storia, non solo italiana, un’articolata, importantissima gamma di autori centroeuropei.
Laureatosi in Architettura a Firenze con Pierluigi Spadolini, Bertonati ha praticato l’arte della incisione sotto la guida di Giuseppe Viviani.
E’ stato consulente di “Estetica del Prodotto Industriale” presso il gruppo “La Rinascente-Upim” al tempo della istituzione del “Compasso d’Oro” che premiava i migliori designer del tempo (poi gestito dall’ADI) e poi anche presso la Olivetti.
Dal 1962 è stato direttore della Galleria del Levante di Milano e di Monaco di Baviera e, in tale veste, è stato coordinatore di una ricca serie di esposizioni a livello internazionale che hanno avuto come specifico riferimento anche la progettazione architettonica e urbanistica.
Emilio Bertonati ha organizzato, per la prima volta in assoluto, esposizioni come “l’Avanguardia in Russia”, “l’Avanguardia in Ungheria”, “la Secessione di Dresda”, “la Fotografia Sperimentale in Germania”. In queste sue attivitá ha anticipato qualsiasi Istituzione italiana ed estera scoprendo personalitá fondamentali per l’arte contemporanea.
Nel 1977 è stato chiamato dal governo austriaco a curare la sezione italiana per la mostra “Realismo e Nuova Oggettivitá” presso la Galleria Nazionale di Vienna, anche per aver partecipato dal 1971 a molteplici Istituzioni Culturali concernenti la Neue Sachlichkeit.
Questa Galleria propone disegni e incisioni di artisti del Simbolismo e della Nuova Oggettivitá che, appunto, Bertonati riscoprí e promosse con inconsueta lungimiranza: Alberto Martini, Émile Bernard, Edita Broglio, Mario Broglio, Cagnaccio di San Pietro, Maurice Denis, Otto Dix, Emile Fabry, George Grosz, Wilhelm Höpfner, Karl Hubbuch, Rudolf Jettmar, Fernand Khnopff, Alfred Kubin, Otto Lange, John Martin, Richard Müller, Alphonse Osbert, Franz Radziwill, Paul Ranson, Franz Roh, Giulio Aristide Sartorio, Rudolf Schlichter, Franz von Stuck, Hans Unger e Félix Vallot.
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