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Russia, Marc Innaro sulla censura Rai contro Mosca: “Silenziato perché raccontavo la verità su ‘pandemia’ e guerra in Ucraina, drammatico” - VIDEO

Il momento di rottura arriva in diretta a Che tempo che fa: “Durante una trasmissione di Fabio Fazio… io ero collegato da Mosca… Racconto una serie di cose che vivevo tutti i giorni… Poi, dissi una cosa che fece incazzare Burioni, cioè che in Russia si stavano sperimentando le trasfusioni con il plasma. A quel punto Burioni inizia a diventare paonazzo: ‘Questa è anti scienza’, da quel momento non fui più chiamato dal programma di Fazio”

01 Dicembre 2025

Marc Innaro denuncia una lunga stagione di pressioni, autocensure e marginalizzazioni vissute all’interno della Rai. L’ex corrispondente da Mosca racconta come, nel corso degli ultimi anni, sarebbe stato progressivamente escluso dai principali programmi dell’emittente pubblica per aver descritto la realtà russa senza filtri, tanto durante la ‘pandemia’ quanto allo scoppio della guerra in Ucraina. Innaro parla di un clima “travolgente” e di una Rai ormai irriconoscibile rispetto a quella in cui era entrato da giovane giornalista. E accusa: “Sono stato silenziato”.

Russia, Marc Innaro sulla censura Rai contro Mosca: “Silenziato perché raccontavo la verità su ‘pandemia’ e guerra in Ucraina, drammatico”

Dalla memoria personale di un ingresso per concorso “non raccomandato, non lottizzato” nel 1990, Marc Innaro ripercorre un percorso professionale che per decenni si è intrecciato con gli avvenimenti internazionali più delicati. “Quando sono entrato alla RAI lontano nel 1990, io c'entrai per concorso, non raccomandato, non lottizzato, il presidente della commissione esaminatrice era Sergio Zavoli ed eravamo in 16.000 ad aver partecipato a quel concorso.”

Assegnato al Giornale Radio sotto la direzione di Livio Zanetti, lo storico ex direttore dell’Espresso, Innaro ricorda una scuola giornalistica solida e ormai dispersa: “Quella RAI del 1990… fui subito assegnato alla redazione esteri, crollava l'Unione Sovietica… quindi fui subito mandato allo sbaraglio dal mio direttore Zanetti, con Demetrio Volcic che all'epoca era il nostro corrispondente a Mosca”.

Un paragone, quello con gli anni d’oro del giornalismo radiotelevisivo, che diventa impietoso: “Stiamo parlando di nomi che nella galassia del giornalismo radio televisivo odierno… non esistono più. Quella RAI non esiste più. Io non mi sono a un certo punto riconosciuto più nell'azienda in cui era entrato da giovane e speranzoso giornalista e le tre gocce che hanno fatto traboccare il vaso si sono sviluppate nel corso degli ultimi cinque anni in maniera proprio travolgente”.

La prima frattura si consuma durante il periodo della 'pandemia'. Innaro racconta di essere stato invitato a vari programmi per descrivere la gestione dell’'emergenza sanitaria' in Russia: “Raccontare la pandemia da Mosca… devo raccontare quello che succede in Russia, e non ti devo raccontare quello che vuoi che io ti racconti”.

Il momento di rottura arriva in diretta a Che tempo che fa: “Durante una trasmissione di Fabio Fazio… io ero collegato da Mosca… Racconto una serie di cose che vivevo tutti i giorni… Poi, dissi una cosa che fece incazzare Burioni, cioè che in Russia si stavano sperimentando le trasfusioni con il plasma. A quel punto Burioni inizia a diventare paonazzo: ‘Questa è anti scienza’, da quel momento non fui più chiamato dal programma di Fazio”.

Poi arriva il conflitto in Ucraina. Innaro sostiene di essere stato nuovamente penalizzato per aver mostrato il punto di vista russo: “Poi comincia la guerra e mi capita di raccontare la posizione della Russia, mettendo a confronto le cartine della Nato nel 1991 e nel 2022… Gradualmente sono stato estromesso dai programmi perché chiedevo di far vedere le opinioni dei russi sui fatti. La risposta della Rai fu: ‘No, lo facciamo fare dai colleghi sul campo in Ucraina’.

La stessa dinamica, secondo il giornalista, si ripete al Cairo allo scoppio del conflitto a Gaza: “Passato un certo numero di mesi chiedo di essere mandato al Cairo, ma dopo 2 mesi scoppia Gaza… quando iniziai a parlare di genocidio e pulizia etnica, da lì vengo silenziato”.

Innaro descrive un clima di forte pressione sui corrispondenti esteri anche in altre emittenti europee: “Quello che oggi abbiamo detto, se l'avessimo detto in un altro paese, ci sarebbe stata la polizia a prenderci: in Germania, in Inghilterra, ad esempio… I colleghi francesi, i colleghi tedeschi a Mosca ma anche al Cairo erano in grandissime ambasce… accontentare i propri mandanti… E questo è un grandissimo problema”.

Il suo è un atto d’accusa contro una professione che, a suo dire, ha perso uno degli ultimi spazi di libertà: “Io mi sono sempre occupato di estero. L'estero rispetto alla politica interna italiana era una sorta di riserva dorata dove potevamo fare i giornalisti e raccontare… Oggi anche questa è preclusa”.

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