29 Ottobre 2023
Casale Monferrato, 24 ottobre. Nell’antico palazzo nobiliare sede dell’Accademia Filarmonica, Elio Carmi ha presentato insieme alla coautrice Silvana Mossano, il suo ultimo libro Fai che fare (Fausto Lupetti editore) con moderatore Gad Lerner, casalese d’adozione, di fronte a una sala strapiena di pubblico che si è adattato ad ascoltare anche dalla sala adiacente. Mossano racconta che lei è stata “la penna Bic con la quale è stato scritto il libro”, la cui idea iniziale è sorta di fronte a una torta panelatte. Il grande designer della comunicazione e docente universitario in questo suo libro racconta la sua vita e il suo percorso professionale che lo ha portato a diventare un maestro del branding. L’agenzia Carmi e Ubertis, nata nel 1986 dal sodalizio con il socio Alessandro Ubertis, è l’atelier dove nascono e si evolvono i brand che colpiscono la nostra immaginazione e si fermano nella nostra memoria con le sfumature che il committente richiede. “Il design è quindi da intendersi come strumento di traduzione, è ciò che può traghettare un’intenzione strategica in una forma comunicante per il ricevente” scriveva Carmi nel saggio Branding D.O. Progettare la marca. Una visione design oriented. (Fausto Lupetti Editore, 2020). Creano brand ma anche immagini coordinate e progetti editoriali con clienti come Dainese, FNM, RCS. Nel 2020 la Carmi e Ubertis ha vinto il Compasso d’Oro ADI per il progetto realizzato per le Gallerie degli Uffizi, quale miglior caso aziendale per descrivere questa vocazione per il segno, fra arte, economia e psicologia delle masse? Recentemente hanno ideato il naming e l’identità visiva per FILI, il nuovo progetto di riqualificazione urbana ed extra urbana dedicato alla creazione di una grande arteria di mobilità sostenibile e ad alta vivibilità sull’asse Milano-Malpensa, voluto da FNM Group, con Regione Lombardia, FERROVIENORD e Trenord. Ma il metodo che Elio Carmi utilizza nella creatività è caratterizzato dal guardare alle spalle, cioè alla storia dell’azienda cliente per poi proiettarsi nel futuro, rielaborare ma senza tagliare le radici, solo così, sostiene, si può essere solidi e non essere spazzati via dalla prima tempesta. Quindi anche in questo libro segue lo stesso metodo, “appartenenza” e non “apparenza”, l’essere ebreo e casalese, l’andare a Milano, la metropoli, per lavorare e realizzarsi, come tanti “provinciali”, tutto è orgogliosamente presente. Anche il mesotelioma, la malattia causata dall’amianto che ha colpito lui e tanti suoi concittadini viene citata. Fra l’altro Carmi, presidente della Comunità ebraica di Casale, su sollecitazione di Gad Lerner, ci spiega perché nella sua collezione di chanukiot (candelabri per la festa ebraica di Hanukkah) si sia fermato alla numero 180. Infatti, per la Gematria, cioè il metodo ebraico di associare lettere ai numeri e viceversa, per poi interpretare il loro valore simbolico, il numero 18 è formato dalle lettere che significano “vivente”, un numero quindi benaugurante. Ed il libro è formato dalle 18 conversazioni con Silvana Mossano. Un aneddoto divertente è quando lui, ebreo, venne chiamato come art-director a Famiglia Cristiana. Gad Lerner, per una volta non parla di politica, ma di cultura ebraica, del falso profeta Shabbetai Zevi e di Kabbalah, conquistandosi la simpatia del pubblico. Sulla copertina di Fai che fare il maestro si fa ritrarre con la lingua fuori in una smorfia irriverente e dissacrante come quella famosa di Albert Einstein, esprimendo un atteggiamento da eterno ragazzo. Il Giornale d’Italia ha voluto quindi chiedergli “I giovani possono disegnare la loro vita come su un foglio bianco?”
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