20 Gennaio 2025
Cecilia Sala è stata intervistata da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Si tratta della prima intervista che la giornalista ha rilasciato dopo aver lasciato il carcere di Evin in Iran. Nel corso della puntata Cecilia ha raccontato quei 21 giorni di detenzione. Partendo dall'inizio: "Hanno bussato alla mia camera mentre lavoravo e da qual momento non ho più potuto fare nulla, chiamare l'ambasciata, un avvocato iraniano, nulla. Il giorno dopo mi hanno fatto fare tre chiamate per giustificare la mia sparizione. Ero bendata e con il viso schiacciato al sedile, ma dalla strada ho capito che mi stavano portando a Evin".
Cecilia Sala ha spiegato da Fabio Fazio anche in che modo avvenivano gli interrogatori: "Il giorno prima di essere liberata mi hanno interrogata per dieci ore. Gli interrogatori avvenivano ogni giorno per i primi quindici giorni. Io ero incappucciata, con la faccia al muro. A interrogarmi era sempre la stessa persona, mascherata pure lui. Bravissimo nel fare il suo lavoro spaventoso. Parlava bene inglese e conosceva anche bene l’Italia, si capiva dai dettagli delle domande che mi facevo, mi ha chiesto per esempio se preferivo l’impasto romano o napoletano della pizza. Perché nell’interrogatorio ci sono momenti in cui ti fanno rilassare, ti danno anche una sigaretta. E altri in cui ti stressano per farti crollare, per aggravare la tua posizione”.
Poi spiega: "Ero sicura che sarei rimasta più a lungo, questa è stata l'operazione più rapida dagli anni Ottanta, e io conoscevo gli altri casi, sapevo che 21 giorni non erano molti. Le ultime sere quando sono arrivate le lenti a contatto, un libro e una compagna di cella ho pensato 'Ok, posso stare qui anche di più'".
"All'inizio avevo chiesto il Corano in inglese perché sapevo che sarebbe stato complicato stare da sola in una cella come quella, ma mi è stato negato e così ho passato il tempo a contarmi le dita, leggere gli ingredienti sulla busta del pane. Ho pensato molto e preso in considerazione l'ipotesi che fosse una detenzione illegittima e che lo sapessero anche loro, ma ho anche provato a pensare a cosa potesse avergli dato fastidio. Ma erano interviste annunciate fin da quando ho chiesto il visto. C'era qualcosa che non tornava nel mio arresto. Ho capito che ero un ostaggio quando mi hanno detto che era morto Jimmy Carter, il presidente della crisi degli ostaggi, l'unica notizia dall'esterno che mi hanno dato".
"Ma io sapevo che c'era un conto alla rovescia che era l'insediamento di Trump che mi spaventava moltissimo. Se si fosse insediato Trump e fosse cominciata una guerra aperta tra Israele e l'Iran la mia situazione sarebbe stata molto complicata da sciogliere". Poi, dopo tre settimane di detenzione, è arrivato il suo rilascio: "Quando mi hanno liberata pensavo volessero portarmi da un'altra parte, perché non si fidavano a lasciarmi lì. Ma quando, all'aeroporto militare, ho visto un uomo che non poteva non essere italiano, ho fatto il sorriso più bello della mia vita". Oggi, a quasi due settimane dal suo ritorno in Italia, Cecilia ha asserito di avere qualche difficoltà a dormire la notte: "Aiutata sì, ho dei picchi di euforia bellissimi e dei momenti di ansia che imparerò a gestire. Sono stata fortunata a stare dentro solo 21 giorni, e di conseguenza il recupero per me è stato più rapido di molte altre persone nella mia condizione".
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