20 Settembre 2025
Continua la tendenza del cinema italiano, su spinta Usa, a far propri i moduli e gli stilemi del cinema mainstream ma questa volta abbiamo una bella sorpresa: un vero e proprio gioiello del nostro cinema. Finalmente volti nuovi, ottimi attori e un mix di tensione, ritmo giusto, equilibrio, dinamiche mitopoietiche e ancestrali, colpi di scena mai stucchevoli e sempre efficaci. Insomma: un film che vince la sfida del non cadere nel deja vu e nell'imitazionismo. Molti erano i precedenti filmici illustri anche recenti nel modello della setta-comunità che nasconde dolore e sacrifici dietro un velo di artificiale e superficiale felicità, rispetto alla quale arriva la vittima-eroe risolutore. Ricordiamo "Midsommar. il villaggio dei dannati" che declinava in senso iperboreo-arcadico-indoeuropeo tale modello oppure "Opus. Venera la tua stella" che rappresenta una vera e propria parodia letterale dell'inquietante vicenda del movimento di Rajneesh detto "Osho" in Oregon negli anni 1981-1985. Quì invece i contorni sono fluidi e suggestivamente ambigui e gli "eroi" sono anche anti-eroi e vittime. Molti sono i temi profondi e stimolanti che questo film preziosamente implica ed evoca: il sottile discrimine tra angelismo e demonismo, la difficile gestione sociale del sacro, il rischio che il sacro si perverta in violenza, echi anticristici dall'Apocalisse di Giovanni, il transfert psicoanalitico e molto altro. Quest'opera delicata e potente mi ha fatto ricordare delle riflessioni seduttive di Roberto Calasso sull'origine delle Bufonie, feste rituali dell'antica Atene. In quel manuale di "teurgia dell'eros" che sono le "Nozze di Cadmo e Armonia" il suo l'autore ricorda infatti come Atene sorga socialmente nella mitografia di Porfirio come convidisione della colpa, tramite una ripartizione rituale della dissacrazione sacrificale. "Nulla riuscirà a recidere del tutto il vincolo tra il gruppo degli iniziati e la banda dei criminali". Similmente Calasso chiosa sulla fine sacrificale di Sagunto e di Masada. In questo senso anche l'abbraccio (ci insegna il film) può rivelarsi atto parassitario, rito egoistico, condivisione di una colpa che unisce una comunità. Molte quindi sono le risonanze etico-simboliche dell'opera: il principio del sacrificio quale necessitata matrice psicosociale, la tendenza umana di eteroproiettare il senso di colpa nel sadismo, la manipolazione delle coscienza per via magica, il bisogno dell'illusione per condurre in modo sopportabile l'esistenza. Se vuole l'Italia può fare ancora dell'ottimo cinema, a patto di saper trovare varchi di libertà espressiva e coraggio creativo tra le trame dei modelli imposti, come un tempo i grandi pittori quattrocenteschi pur all'interno dei contratti di committenza, e sempre facendo tesoro della nostra tradizionale capacità di declinazione del simbolismo antico. Non è una colpa per l'arte avere dei modelli. La colpa sta nel subirli passivamente e la virtù nel trasfigurarli dall'interno, dal profondo.
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