20 Aprile 2025
Il film "Death of a unicorn" con Jenna Ortega, Tea Leoni e Paul Rudd presenta tratti interessanti per chi ami il Mito, il fantastico e il fiabesco. Da alcuni anni assistiamo ad un vero e proprio "culto pop" dell'unicorno a livello di massa giovanilistico e infantile da tratti poco chiarificati e implicitamente esoterici. Questo film certamente lo cavalca ma aggiunge alcuni elementi mitografici interessanti e non scontati: la connessione dell'unicorno quale essere sacro con le aurore boreali, il carattere magico e cosmico del loro corno, la connessione già medioevale fra unicorno e fanciullezza pura, il carattere iatromantico di questi esseri. Sembra che il film cerchi di rievocare l'anima ancestrale del Grande Nord americano e nativo connettendolo con la recente e crescente passione Usa per il medioevo europeo (tornei a cavallo, Battle of the Nations). Bella la citazione ragionata dei celebri arazzi francesi della caccia all'unicorno oggi al Metropolitan Museum of New York (1495-1505). Un film nel quale l'antico si rivela veritiero e il contemporaneo inadeguato, quindi un film implicitamente anti-progressisista il quale purtroppo esprime solo in parte il proprio potenziale narrativo per colpa di vari errori, debolezze e incoerenze a livello di sceneggiatura. Il cast è ottimo; il problema è proprio nei rapporti fra i personaggi e nella talvolta maldestra evoluzione degli stessi. Questi difetti ci confermano il fatto che la crisi odierna del cinema è solo una crisi di sceneggiatura, non altro. Il padre della giovane protagonista ad esempio è il personaggio che presente maggiori incertezze filmche: oltre ad indossare una camicia orribile e sciatta presente più gravi incoerenze come personaggio: è pauroso e indeciso ma colpisce con violenza un unicorno con uno svitabulloni da automobile, è un avvocato in carriera ma imbraccia un fucile senza esperienza di cacccia, appare eccessivamente privo di scrupoli per essere un personaggio positivo, appare infine troppo goffo e rozzo per essere un consulente in carriera. La famiglia ospitante è un'interessante accozzaglia di macchiette vip ciniche e grottesche ma le figure non vengono espresse al meglio nelle loro potenzialità. I dialoghi sono sciatti e deboli, arrancano e i salti narrativi tematici appaiono frettolosi e poco graduali come quando si introduce il tema dello sfruttamento medico. Detto questo come film d'avventura, pur prevedibile, la storia regge abbastanza data anche l'ottima estetica ambientale e il fascino degli esseri fantastici. Certo non è facile combinare un film d'avventura fantastica con toni tragicomici e surreali. Bella in conclusione l'inversione implicita strutturale: è il fantastico-mitologico il vero reale, fondante e il reale consueto appare insostenibile, fragile, effimero.
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