05 Dicembre 2025
Premetto che per anni non sono riuscito a sentire simpatico Alessandro Gassmann; ma dopotutto ho anche sempre pensato che i "diversamente simpatici" o i "non immediatamente simpatici" siano poi le figure più affascinanti e intriganti e interessanti. Mi irritava il suo eccesso di sicurezza, la sua espressione molto personalizzante. Oggi invece lo apprezzo molto nella terza serie della fiction "Il Professore"; lo trovo un attore maturo, equilibrato, verosimile nel rapporto con il suo personaggio. Non solo: intuisco che il suo volto sia un volto attoriale speciale proprio perchè è riuscito nel difficile compito di "farsi maschera" e lo ha fatto autonomamente, indipendentemente da quella grande maschera che è stato suo padre e che fu anche Carmelo Bene. "Farsi una maschera vivente" è operazione alchemica, rara e speciale. Più facile fu per Proietti che sembra un Petrolini redivivo o un mascherone silenico barocco, aiutato dalla sua fisiognomica. Più difficile per Alesandro Gassmann che nella terza serie de' "Il Professore" appare sciolto, naturale, convincente e più ricco di sfumature tanto che sembra restituire quel senso del verosimile vivente, pragmatico del "vivere pensando anche ad altro" che è molto difficile rendere attorialmente e televisivamente. Funziona molto bene poi la coppia Gassmann-Pandolfi sia a livello archetipale (maschile-femminile) che a livello di sfumature: lui sicuro centrato in se stesso e lei incerta, lui virile e lei molto femminile, intima e di una femminilità anche un po'buffa, impacciata, goffa. Una dialettica efficace che regge tutta la dinamica narrativa. Brave le new entry: la spigliata e bella Giulia Fazzini, la travagliata Rita Castaldo, il sornione e poetico Aita e la riservata e inquieta Grimaudo. La serie appare efficace nel realizzare il suo scopo, come ogni serie che si rispetti: intrigare, incuriosire e far affezionare il pubblico. Appare riuscita anche nella non facile impresa di dare un senso didattico reale all'insegnamento liceale di filosofia del protagonista, coniugando l'utile al dilettevole come insegnava Orazio, e nel tradurre narrativamente temi sociali ed esitenziali forti in forme sfumate, graduali, accettabili e condivisibili. Una coppia ben assortita per una dialettica narrativa avvincente.
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