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Honni soit qui mal y pense: anche Vessicchio se ne va, ma è morto di morte, prima era vivo ed è sempre successo

Guai a immaginare, sospettare, anzi è una buona notizia: il Maestro è stato stroncato da polmonite interstiziale e questo conferma che "l'unica cosa è vaccinarsi".

09 Novembre 2025

Beppe Vessicchio

Se ne va, proditoriamente, anche il maestro Peppe Vessicchio che fino al giorno prima dava interviste, aveva fatto un libro e doveva presentarlo in giro e i giornali, che o non sanno o non possono sapere, finché possono ci girano intorno, di che è morto Vessicchio? “Complicazioni improvvise”. Improvvise? Complicazioni di cosa? Mistero, poi si legge da qualche parte che aveva i polmoni malandati siccome suo padre aveva sofferto di silicosi. La silicosi si trasmette, si eredita? Mai sentito, ma ammettiamolo pure: ci si muore per scompenso cardiaco, tubercolosi, insufficienza respiratoria e invece, si scopre poi, Vessicchio pativa le conseguenze di una polmonite interstiziale, cioè virale, aggravatasi improvvisamente dopo che in ospedale gli avevano prescritto il vaccino contro l'influenza: perseverare è stragistico. La polmonite interstiziale ha fatto negli ultimi anni migliaia di vittime tra cui papa Francesco e, per poco, anche Del Papa che qui vi scrive, nella costernazione di molti perdigiorno tra cui qualche assai poco “collega” che va dicendo: se lo attacchiamo, se lo stressiamo, gli crollano le difese immunitarie ed è la volta che ci resta secco.
Insomma Vessicchio, secondo regola, è morto perché è morto, prima era vivo, una polmonite virale se l'è portato via ma bando ai sospetti. Vessicchio era certissimamente pluridosato contro il Covid, perché in quegli anni a Sanremo non potevi entrare se non avevi provveduto le tre, le cinque volte: ci sarà una correlazione? Non sia mai detto, se no non duri. Ma come mai certi assai poco “colleghi” antisistema passano da un giornale all'altro del sistema, rientrano in quel sistema che volevano sbaragliare? Sì, certo, sono raccomandati dal mammasantissima di turno del sistema che volevano far saltare, ma io, che mi sono permesso di denunciare il vaccino come probabile e peraltro plurime ammessa causa scatenante di un cancro che ha richiesto una chemio devastante che ha spalancato la porta alle due polmoniti interstiziali che per poco non mi fanno fuori, dai quotidiani, sistema o antisistema, sono bandito. Sarà mica un effetto avverso della mia ignobile sincerità, unico tra le pubbliche voci ad alzarla?

Beppe Vessicchio è compianto da Angelo Branduardi, improvvisamente ricoverato in ospedale non si sa per cosa. Ma sia maledetto chi azzarda una ipotesi. Sono cose sempre successe, e poi come trascurare i cambiamenti climatici che affliggono anche l'attuale papa Leone, degno successore in linea diretta del precedente a dispetto di chi lo immagina discontinuo, rottura, punto e a capo?
Honni soit qui mal y pense, ma il governo nella persona del ministro Anna Maria Bernini ha appena nominato il virologo glamour Bassetti a capo del pool di esperti che valuterà i progetti universitari, di tutte le università. Un estremista del vax. Il collega, senza virgolette, Burioni che doveva togliersi dai social ci resta per rivolgersi così a chi lo interpella: “Fai schifo anche al virus”. Le morti per polmonite interstiziale sono un'ottima cosa, un'ottima notizia agli sponsor di tutti i vaccini: “Attenti, l'unica cosa contro il virus è vaccinarsi”. Parola di esperti. Il Consiglio Superiore di Sanità non mente, non sbaglia: ricordate la pandemia? Ha appena detto l'ex governatore del Tirolo: “Mi dispiace per l'obbligo vaccinale, era sbagliato ma abbiamo dovuto agire velocemente”. Come dire: non sapevamo cosa facevamo ma l'abbiamo fatto tanto era sulla pelle vostra. Gli dispiace, ma i morti che non si contano lui non li conta, nessuno li conta altrimenti rischiano di ammassarsi in una orripilante fossa di rimorso. Ma non c'è pericolo, a giudicare dalla protervia, almeno in Italia. Vessicchio non era vaccinato contro ciò che lo ha ucciso o lo era troppo?

Ci pensavo mentre in questa domenica mattina di primo autunno vero portavo a spasso i cani e mi sentivo qui per caso, ogni volta che qualcuno non c'è più si acuisce in me la sindrome del sopravvissuto, capisco bene le rockstar che non si capacitano di restare al mondo ma a differenza loro, di Keith Richards, non ho imparato quella disinvoltura nel fatalismo, io ancora mi sento a scadenza, un abusivo della vita anche se la mia unica siringa mi ha condannato. Vado in giro, racconto la mia vicenda in forma di monologo teatrale e mi sento lì per quello, come se fossi vissuto per quello ma, come dire? In modo abusivo, uno che ha rubato del tempo, uno che lo fa e non dovrebbe, uno che sfida la sorte. Sfido anche la smemoria perché la parte centrale di questo lavoro sta nella lettura di tutti i messaggi crudeli, infami, da galera (e invece furono da carriera) di tutti quelli che auguravano, che minacciavano le peggio cose ai novax che in larga parte non erano novax, erano gente spaventata, come ha appena ammesso il presidente della immaginifica commissione Covid. Giro e ogni sera mi stupisco di essere su un palco, però non è ancora detta l'ultima parola perché, dicono quelli che mi vogliono bene, la speranza che tu crepi è l'ultima a morire.

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