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Covid, il 34% dei positivi in ospedale sono ricoverati per altre malattie o patologie

I dati sono stati riportati da uno studio condotto da Fiaso: per un ricoverato su 3 l'infezione è stata infezione scoperta con tampone pre-ricovero

11 Gennaio 2022

Covid, il 34% dei positivi ricoverati in ospedale non è malato di Covid

Fonte: lapresse.it

Il 34% dei pazienti positivi ricoverati, non è malato Covid, nel senso che non si trova in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Coronavirus. Per almeno un caso di ricovero su tre, il paziente aveva infatti già richiesto assistenza sanitaria per altre patologie ed è risultato positivo al tampone pre-ricovero. Sono i dati emersi da uno studio condotto da Fiaso sui ricoveri di 6 grandi aziende ospedaliere e sanitarie in Italia. I dati da loro raccolti hanno dimostrato che un paziente su tre, sia pur con infezione accertata al coronavirus, viene ospedalizzato per curare tutt’altro. Magari si trova per curare un tumore, per un infarto o anche solo per un semplice trauma.

Covid, il 34% dei positivi ricoverati in ospedale non è malato di Covid

Lo studio ha coinvolto Asst Spedali civili di Brescia, Irccs ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari. Sono stati in totale 550 i pazienti ricoverati nelle aree Covid delle sei strutture: un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani. La rilevazione è stata effettuata il 5 gennaio. Dei 550 pazienti monitorati, 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare, mentre 187 (il 34%) non manifestano segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus.

La diagnosi da infezione da Sars-Cov-2, per il 34%, è dunque solo occasionale. Per la stragrande maggioranza di loro si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33%, invece, è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso della condizione internistica derivante da diabete o altre malattie metaboliche. Un’altra quota, pari all’8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti. Un altro 8%, invece, deve sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivo al Covid. Infine, il 6% del totale, sono pazienti che arrivano al pronto soccorso a causa di incidenti e richiedono assistenza per vari traumi e fratture.

"Numero sempre più ampio" 

"Ci aspettiamo di dover far fronte a un numero sempre più ampio, vista l’ampia circolazione e l’elevata contagiosità del virus, dei ricoveri per patologie non Covid in pazienti che, però, hanno l’infezione - afferma il presidente Fiaso, Giovanni Migliore -. Va riprogrammata l’idea dell’assistenza creando non solo reparti Covid e no Covid, ma è necessario realizzare nuove strutture polispecialistiche in cui sia garantita l’assistenza specialistica cardiologica, neurologica, ortopedica in pazienti che possono presentare l’infezione da Sars-Cov-2. Occorre pensare a reparti Covid per il cardiotoracico, per la chirurgia multispecialistica. Per l’ostetricia già in molti ospedali sono state realizzate aree Covid. A Brescia e Bari esistono anche degli ambulatori per la dialisi di pazienti positivi. Bisogna riprogrammare sulla base delle nuove esigenze l’assistenza sanitaria".

Eva Colombo, direttore generale della Asl di Vercelli e vicepresidente della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere), intervenuta su Cusano Italia Tv, ha inoltre affermato che "nella settimana tra il 28 dicembre e il 3 gennaio, abbiamo avuto un incremento dell’86% di pazienti al di sotto dei 18 anni, che sono risultati positivi. Questa è una cosa piuttosto grave. Nei 4 ospedali pediatrici sentinella il numero di bambini ricoverati è passato da 76 a 123, di cui il 76% è sotto i 4 anni, quindi in una fascia d’età non vaccinabile. Noi come Fiaso crediamo fermamente - ha concluso l'esperto - che bisogna accelerare la campagna vaccinale in età pediatrica".

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