08 Novembre 2025
Brunetta, Landini, fonte: Wikipedia
E alla fine l’incontenibile e soprattutto l’incontentabile Renato Brunetta ha dovuto fermare la macchina in corsa e compiere una plateale e sfacciata retromarcia. Niente aumento di stipendio, che guai a chiamarlo “aumento” perché per lui e per gli altri miracolati vertici del Cnel si erano solo “adeguati” alla “applicazione legittima di una giusta sentenza della Corte Costituzionale”. Poveri tapini: mica lo volevano fare davvero, loro. Si erano quasi ritrovati nella condizione di doverlo fare per adeguarsi alle giuste sentenze della Consulta.
Peccato che a Palazzo Chigi e tra i banchi della maggioranza tanto spirito di sacrificio non è stato capito: mentre infatti prendevano le misure all’Italia sociale per calarla nella nuova manovra finanziaria e dovevano lottare con i fessi che pensano che in Italia si è ricchi già da quando si guadagna 50mila euro lordi all’anno e dovevano pure lottare con l’ipocrisia sindacale di Landini, ci mancava solo l’ingordigia di Brunetta e dei suoi sodali al Cnel. Cioè di una di quelle creature che si vanta ancora del titolo di “organo di rilievo costituzionale” solo perché agli italiani non è mai stata data la possibilità di abrogarlo con una riforma costituzionale che non avesse detto - lo diciamo a Renzi - altre porcherie.
A conti fatti l’adeguamento (secondo Brunetta) o l’aumento di stipendio (secondo tutto il resto del mondo) contabilizzava un passaggio da 250mila a 310mila euro all’anno, mentre l’aggiustamento totale per i vertici dell’inutile Cnel passava da una spesa di 850mila euro a quasi due milioni. Il tutto ovviamente con effetto retroattivo, sempre in omaggio alla sentenza della Corte costituzionale. La quale decisione non diceva che Brunetta and C. potevano adeguarsi la busta paga, tantomeno retroattivamente, ma indicava un principio. Ma quelli del Comitato nazionale dell’economia e del lavoro mica potevano sottrarsi al principio!
L’ingordigia di Brunetta però, come dicevamo, ha dato fastidio agli ex colleghi del centrodestra che hanno sbuffato: ma a Brunetta non basta mai nulla! In effetti solo a guardare gli ultimi anni viene da dar loro ragione. Il ragazzo non si accontenta mai, non gli basta mai nulla di quel che ha. E per evitare di perdere l’intera posta e soprattutto non alimentare voci che chiedono persino le dimissioni ha vergato: "Per queste ragioni provvederò a revocare con effetto immediato la decisione assunta in Ufficio di Presidenza, relativa al recepimento. Lo faccio con senso di responsabilità e con l'intento di tutelare il prestigio del Cnel, preservando nel contempo un clima di rispetto e collaborazione tra tutte le componenti politiche, istituzionali e sociali".
Tra le parti sociali che si specchiano nella vanità dell’inutile Cnel ci sono anche i sindacati, i quali ormai viaggiano per conto proprio, ognuno col proprio navigatore. Il più sbilenco è quello in dote a Maurizio Landini, che ormai è una specie di muppet da quando ha preso una gran scoppola nei referendum proprio sulla sua materia, cioè il lavoro. Niente quorum su quel che, a sentire lui, doveva essere la battaglia madre in difesa dei diritti. Macchè. E così per tirare a campare e non tirare le cuoia il buon Maurizio si agita tra uno sciopero e un corteo, tra un megafono e un selfie. Un po’ come Brunetta, anche Landini deve salvarsi il posto, per questo si agita tanto. Appaiono come diverse facce (di bronzo) della stessa medaglia patacca: tutti si vantano del rilievo e della funzione costituzionalmente assegnata ma nessuno davvero fa i conti con la realtà. La Cgil un tempo faceva le battaglie dopo che aveva messo a fuoco - con gli appositi centri studi - il tema; adesso invece è solo un gioco in difesa della grande platea dei pensionati. Per fare il pieno in piazza si sono imbucati nelle manifestazioni del sindacalismo di base a favore della Palestina, non accorgendosi - ma questo è stato un errore comune - che quelle piazze piene non appartenevano ad alcun soggetto partitico.
La Cgil ha annunciato il suo ennesimo sciopero generale contro una manovra di mera contabilità, di fedele osservanza al rito di Bruxelles del famigerato 3 per cento deficit/pil (tanto da mirare all’uscita dalla procedura di infrazione con un anno di anticipo) e senza particolari guizzi sovranisti. Una manovra senza infamia e senza lode, ma evidentemente sufficiente per la campagna elettorale di Landini.
Di Gianluigi Paragone
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