In nome della "lotta all’antisemitismo", il governo Meloni tenta di imbavagliare ogni critica a Israele. È questo, in sintesi, l’obiettivo del disegno di legge 1627 firmato da Maurizio Gasparri, ora all’esame del Senato. Dietro la retorica della “tutela contro l’odio”, si cela infatti un tentativo di equiparare l’antisionismo — ossia la critica al progetto politico e coloniale dello Stato di Israele — all’antisemitismo, trasformando il dissenso politico in potenziale reato.
Il testo, ispirato alla definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), include tra le manifestazioni di antisemitismo anche quelle “contro lo Stato di Israele e il suo diritto a esistere”. In altre parole, criticare le politiche israeliane o denunciarne i crimini di guerra potrebbe presto essere considerato alla stregua dell’odio razziale. Un capovolgimento grave, che usa la memoria della Shoah per proteggere un potere statale responsabile di occupazione, apartheid e violazioni sistematiche dei diritti umani.
Lo stesso estensore della definizione IHRA, Kenneth S. Stern, aveva denunciato l’abuso di quel testo, ricordando che non doveva servire a limitare la libertà accademica o il dibattito politico. Ma in Italia, il Ddl Gasparri si spinge oltre: prevede corsi scolastici per “contrastare l’antisionismo” e pene aggravate per chi nega “il diritto all’esistenza dello Stato di Israele”. Così, mentre migliaia di studenti e lavoratori scendono in piazza per la Palestina, il governo tenta di criminalizzare la solidarietà e il pensiero critico.
È un ritorno pericoloso alla logica della censura: chi denuncia il genocidio in corso a Gaza rischia di essere bollato come antisemita, chi insegna la verità storica può finire sotto accusa.