27 Maggio 2025
Meloni e Schlein, fonte: imagoeconomica
Lasciamo perdere il discorso delle amministrative perché era fin troppo prevedibile che Genova sarebbe tornata a casa e che Ravenna sarebbe rimasta alla sinistra. Il tema è molto più profondo ed emerge in superficie solo in qualche zona per poi risotterrarsi e uscire in un tempo futuro.
Oggi la Schlein festeggia e ci sta, soprattutto per tenere alto il morale di una ciurma che nel giro di qualche settimana dovrà commentare il fallimento dei referendum. Ma anche qui il dato che emergerà tra affluenza e preferenze per il Sì sarà utile alla leader del Pd al fine di tirare dritto nella sua rimodulazione del partito: baricentro a sinistra e poco spazio a quei moderati cui avrebbe già parlato chiaro e tondo invitandoli a staccarsi per organizzare una “cosa” loro alleata nel campo progressista.
La partita a più elevata temperatura, prima del voto delle politiche, si svolgerà sul terreno delle Regionali. Al voto andranno cinque regioni: il Veneto, la Toscana, le Marche, la Campania e la Puglia. Il Veneto era la regione leghista per antonomasia, oggi è “Zaialand” e tale in qualche modo resterà anche ora che Fratelli d’Italia ne rivendica la successione. Consiglio a Fratelli d’Italia la massima prudenza perché le combinazioni del post Zaia sono multiple e per quanto non mettano in discussione il successo per il centrodestra, rischiano invece di disarticolare il tessuto sociale e imprenditoriale cioé il vero sistema nervoso della lunga stagione a guida Zaia.
E arriviamo così al nocciolo profondo delle inquietudini silenziose che muovono l’Italia, delle quali Giorgia Meloni si è accorta parlando anche con gli imprenditori di Confindustria a Bologna. L’intervento della premier però è stato giudicato una buona prova di galleggiamento tra sottolineature di risultati favorevoli al governo e denuncia di criticità come l’energia, i dazi e i vincoli europei dai quali si discosta come se Palazzo Chigi potesse ben poco.
Quando la premier dovrà confrontarsi con le Regioni chiamate al voto si accorgerà che imprenditori, lavoratori, partite iva e famiglie non sono così disposti a concedere bonus illimitati: nelle Marche il primo presidente di regione conquistato da Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli, faticherà parecchio nella gara con Matteo Ricci; e faticherà sul fronte della sanità e delle imprese. Acquaroli non ha convinto gli imprenditori e non ha convinto i cittadini: è lontano anni luce dai successi di Zaia o di Fedriga contro i quali si oppone il divieto del terzo mandato perché è l’unico modo per prenderne il posto. E compensare la possibile sconfitta marchigiana.
Se delle cinque regioni il governo ne perderà quattro per Palazzo Chigi si porrà il problema di come non capitolare alle politiche. Ma per non capitolare il centrodestra deve iniziare a miscelare esperienza e novità.
Gli imprenditori ruspanti non sono affatto d’accordo con la linea del governo così ostile alla Russia, frontiera che loro vedono come mercato da una parte e risorsa energetica dall’altra, come confermano le triangolazioni con cui evitano le sanzioni. Gli stessi imprenditori, pur apprezzando la spericolatezza di Trump, non vogliono morire sotto il peso dei suoi dazi. E via di questo passo: basta ascoltarli!
Poi ci sono i lavoratori e le partite iva: possibile che il governo non riesca a incidere sul fronte dei salari? La gente si sta indebitando oltre modo e sa che questa tendenza li porta in un mare aperto senza protezioni. Ma se nessuno affronta la questione dei bilanci di famiglie, piccole imprese e partite iva, non si può far altro che aumentare l’esposizione debitoria o con le banche o con il rinnovato Monte dei Pegni o - ahinoi - con chiunque purchessia.
di Gianluigi Paragone
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