10 Aprile 2025
Fonte: X@PrimatoNazionale
La recente decisione della Cassazione di disapplicare il decreto ministeriale di Salvini circa l'utilizzo dei termini "madre" e "padre" nella carta d'identità elettronica dei figli, ha riportato in auge il dibattito circa l'introduzione di provvedimenti woke. Alla fine del 2015 durante il governo Renzi era entrato in vigore il decreto "gender fluid" che prevedeva l'introduzione del termine "genitore 1" e "genitore 2" sulla carta d'identità elettronica con Angelino Alfano Ministro dell'Interno. Quattro anni dopo il decreto Salvini del 31 gennaio 2019 aveva cercato di capovolgere il provvedimento riportando la dicitura tradizionale di "madre" e "padre" sui documenti dei figli.
Sotto il governo Renzi nel 2015, l'allora Ministro dell'Interno Angelino Alfano di concerto con i ministeri dell'Economia e Finanze, della Semplificazione e della Pubblica amministrazione, aveva apposto la firma su un decreto recante le "modalità e tecniche di emissione" della nuova carta d'identità elettronica. Nel documento del 30 dicembre 2015 figurava anche l'introduzione di una modifica "gender fluid" con la dicitura di "genitore 1" e "genitore 2" al posto dei tradizionale "madre" e "padre".
Ben quattro anni dopo, il decreto Salvini del 31 gennaio 2019 "Modifiche al decreto del Ministro dell'interno in data 23 dicembre 2015" aveva cercato di invertire la norma del 2015 e riportare la dicitura a quella tradizionale in un provvedimento volto alla "difesa della famiglia tradizionale" ricevendo però parere negativo dal Garante della Privacy e anche degli alleati di governo del Movimento 5 Stelle. Nonostante l'opposizione del Garante, il segretario della Lega aveva deciso comunque di "andare avanti, non esiste privacy che neghi il diritto ad un bimbo di avere una mamma e un papà".
Il tema della dicitura del vincolo parentale sulla carta d'identità elettronica dei figli è tornato in auge a seguito della decisione della Corte di Cassazione con la sentenza 9216/2025 di utilizzare la dicitura 'genitori' al posto di 'padre' e 'madre' disapplicando quindi il decreto Salvini del 2019. La Corte ha respinto il ricorso presentato dal Ministero dell'Interno, guidato da Matteo Piantedosi, contro la decisione della Corte d'Appello di Roma che nel 2019 aveva disposto di utilizzare la dicitura unica 'genitore' "nella carta d'identità elettronica di un minore figlio di due madri, una naturale e una di adozione, che avevano fatto ricorso alla step child adoption.
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