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Autonomia Differenziata, le pre-intese di Calderoli: tra rischi e opportunità per un Paese che cerca l’equilibrio

Le pre-intese firmate dal ministro Calderoli per l'autonomia differenziata, con le Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria, pongono interrogativi su trasparenza, motivazioni e impatti economici. Un percorso ancora incerto.

13 Dicembre 2025

Autonomia Differenziata, le pre-intese di Calderoli: tra rischi e opportunità per un Paese che cerca l’equilibrio

Il ritorno dell’autonomia differenziata: una sfida politica e giuridica

Il governo Meloni, attraverso il ministro Roberto Calderoli, ha recentemente rilanciato il tema dell’autonomia differenziata, ponendo un altro tassello in un lungo e complesso processo politico. L’accordo firmato tra il governo e le Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria è una mossa significativa, che, sebbene non abbia effetto vincolante immediato, segna un passo importante verso la ridefinizione delle competenze regionali. Le pre-intese siglate con queste Regioni si concentrano su quattro materie principali: sanità, protezione civile, professioni non ordinistiche e previdenza complementare. Il fine di questo percorso è quello di dare alle Regioni una maggiore autonomia gestionale in settori cruciali. Tuttavia, il cammino è tutt’altro che lineare. Già nel dicembre 2024, la Corte Costituzionale aveva posto un freno al progetto, chiedendo che prima di procedere con qualsiasi trasferimento di funzioni relative a diritti civili e sociali, fosse necessaria una definizione chiara dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP). La Corte ha sottolineato che per queste materie, il trasferimento delle competenze non può avvenire senza una chiara garanzia di uniformità su tutto il territorio nazionale. Nonostante queste limitazioni, il governo ha continuato a spingere per l’attuazione dell’autonomia differenziata, con il rischio di innescare nuove divisioni tra nord e sud del Paese, alimentando una già evidente disparità tra le diverse Regioni.

Le pre-intese: una mossa tattica o una forzatura costituzionale?

Le pre-intese firmate tra Calderoli e i presidenti di Regione sono state criticate per il loro contenuto e per la mancanza di un’impostazione chiara e motivata. Come previsto dalla sentenza n. 192/2024 della Corte, ogni richiesta di maggiore autonomia deve essere giustificata con una solida motivazione basata sulle specificità di ciascun territorio: caratteristiche sociali, amministrative, economiche e geopolitiche. Tuttavia, le pre-intese sono praticamente identiche per tutte le Regioni firmatarie, senza fornire una motivazione dettagliata su come e perché ciascuna di esse necessiti di maggiori competenze in questi ambiti. L’impossibilità di giustificare l’autonomia su basi oggettive solleva dubbi sulla serietà di questa iniziativa. Non si può infatti accettare che una riforma di tale portata venga attuata senza una valutazione precisa dei vantaggi che ciascuna Regione trarrebbe da questi trasferimenti di funzioni. Questo approccio rischia di minare la trasparenza del processo e di indebolire il consenso politico necessario per portare avanti una riforma che riguardi l'intero sistema pubblico.

L’impatto economico: un rischio per la coesione del Paese

Un altro nodo cruciale riguarda l’impatto economico delle pre-intese. L’autonomia differenziata implica un trasferimento di competenze che, in alcuni casi, potrebbe comportare una diseguaglianza tra Regioni ricche e povere. La gestione della sanità, per esempio, potrebbe finire per accentuare il divario tra le Regioni con risorse economiche più abbondanti e quelle che faticano a garantire prestazioni adeguate ai propri cittadini. Questo rischio è stato sollevato da Banca d’Italia e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, che hanno sottolineato la necessità di una valutazione approfondita prima di attuare qualsiasi trasferimento di competenze. L’autonomia in materia sanitaria, per esempio, potrebbe portare a un’ulteriore disparità nell’erogazione dei servizi, con effetti negativi sulla coesione sociale del Paese. Inoltre, la mancanza di un’analisi complessiva degli effetti economici rischia di compromettere la sostenibilità di una riforma che si presenta come una soluzione alle disuguaglianze, ma che potrebbe, in realtà, esacerbarle.

La definizione dei LEP: un impasse che va risolto

Il definire i LEP è, come già sottolineato dalla Corte, un passaggio fondamentale per procedere con l’autonomia differenziata in modo giuridicamente corretto. La legge approvata nel 2024, che non ha ancora trovato una concreta applicazione, ha sollevato dubbi di costituzionalità, soprattutto riguardo alla definizione dei LEP in materie fondamentali come la sanità e il lavoro. L’assenza di un quadro chiaro e condiviso su questi standard minimi è uno degli ostacoli principali per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Il governo ha promesso di definire i LEP con un nuovo disegno di legge delega, ma al momento il testo è ancora in discussione in Parlamento e non è stato ancora esaminato nel dettaglio. Senza una definizione precisa e trasparente dei LEP, rischia di prevalere una visione del processo che non tiene conto delle esigenze sociali ed economiche di tutte le Regioni, mettendo a rischio la solidarietà nazionale.

Un percorso ancora incerto: il futuro dell’autonomia differenziata

Nonostante le difficoltà giuridiche e politiche, il governo ha deciso di proseguire con il percorso dell’autonomia differenziata, spingendo per nuove intese con le Regioni. Tuttavia, questo approccio rischia di creare una divisione sempre più marcata tra le diverse realtà del Paese. La definizione dei LEP, che dovrebbe essere il cuore di questa riforma, è ancora lontana e l’impasse è evidente. Per evitare una frattura tra Nord e Sud, è essenziale che l’autonomia differenziata venga accompagnata da una riforma trasparente e giuridicamente solida, che garantisca equità, sostenibilità e coesione sociale. Solo così l’autonomia regionale potrà essere una risorsa per l’Italia e non un altro fattore di divisione e disparità. In conclusione, il governo ha il dovere di rispettare le indicazioni della Corte Costituzionale e di garantire che il processo di autonomia differenziata avvenga in modo chiaro e responsabile. Questo non solo per evitare conflitti giuridici, ma per costruire una riforma che sia equilibrata e sostenibile, evitando che diventi uno strumento di divisione tra Regioni ricche e povere. Il rischio di un disastro sociale ed economico è tangibile, ma con la giusta attenzione e una visione a lungo termine, l’autonomia potrebbe davvero rappresentare un’opportunità per il Paese.

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