10 Novembre 2023
Fonte: Imagoeconomica
Giorgia Meloni parla di un ipotetico referendum sul premierato in caso di mancata approvazione parlamentare durante la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa. “Gli italiani non si faranno scappare la madre di tutte le riforme”, ha detto il premier. “In questi 75 anni sono cambiati i protagonisti, le leggi elettorali, i partiti, però l’instabilità è rimasta sempre la stessa”, ha sottolineato il leader di FdI. “L’unica cosa che non è mai cambiata è la base del sistema, cioè la Costituzione, ed è qui che ora abbiamo avuto il coraggio di intervenire, per questo abbiamo varato la riforma costituzionale”.
Poi il riferimento alle modalità con cui approvare la stessa riforma. “Su questa riforma noi cercheremo il consenso ampio necessario in Parlamento, ma se non sarà possibile saranno gli italiani a doversi esprimere con un referendum. Dunque sarete anche voi a dirci se volete mettere fine alla stagione dei giochi di palazzo, dei ribaltoni, delle maggioranze arcobaleno, dei governi tecnici, dei governi che durano un anno e mezzo e portare l’Italia nella Terza Repubblica. Io sono convinta che gli italiani non si faranno scappare questa occasione di realizzare la madre di tutte le riforme e da cui dipende la possibilità di realizzare anche tutte le altre”.
L’iter di approvazione delle riforme della Costituzione prevedono un iter più lungo e con una maggioranza più ampia delle leggi ordinarie. Soprattutto, per scongiurare l’incognita del referendum confermativo, serve il sì della maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle due Camere. Per la maggioranza di centrodestra questo significa (ammesso che Italia Viva voti la riforma) andare a conquistare almeno 21 deputati e 14 senatori nelle fila delle opposizioni.
I due terzi dei componenti necessari per evitare il referendum confermativo significano raggiungere quota 267 voti alla Camera e 136 voti al Senato. Al momento il centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia più alleati minori) ha 238 seggi a Montecitorio e 116 a Palazzo Madama, ai quali però vanno sottratti i voti dei due presidenti delle Camere (Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa) che per prassi non partecipano alle votazioni.
Aggiungendo anche Italia Viva (che non ha chiuso le porte alla riforma) si sale a quota 246 alla Camera e a quota 122 al Senato. Questo significa dover conquistare 21 deputati e 14 senatori tra l’opposizione. Si potrebbe provare a convincere i parlamentari delle minoranze linguistiche e dei partiti/movimenti autonomisti (5 alla Camera e 6 al Senato) ma non si raggiungerebbe comunque quota due terzi.
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