15 Settembre 2022
Si parla tanto dei rincari delle bollette di luce e gas. Quale deve essere il ruolo dell'Europa rispetto alla crisi energetica?
Ci pare a tutti, a ricevere certe bollette, che la situazione sia impazzita. Ed è così, ma dobbiamo anche essere consapevoli che una soluzione c’è e che il caro-bollette non è una fatalità inevitabile. Per minacciare l’Europea, Putin ha trovato due formidabili alleati: la speculazione e le divisioni tra i governi UE. Per questo la soluzione è europea o non c’è. Punto. La Commissione non sarà stata rapidissima, ma è arrivata esattamente dove serviva: disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’energia, sia elaborando un indice di riferimento per il mercato europeo del gas, con buona pace della piazza di Amsterdam abituata a tarare prezzi sulle forniture dei gasdotti e non anche sul gas naturale liquefatto, sia riformando il meccanismo attuale che adegua il costo dell’energia a quello del gas e no di altre fonti come le rinnovabili. Sappiamo tutti che la speculazione la fa da padrona, approfittando anche di meccanismi come il TTF olandese. L’Italia deve aiutare l’UE, anche contro l’egoismo di alcuni governi nazionali, consapevole che non sono mai cose semplici, mentre invece occorre agire con tempestività.
Siamo dei veri masochisti ad aver interrotto l’azione del governo Draghi e ad andare a elezioni in un periodo così. Ma il futuro potrà essere anche peggiore se chi andrà al governo non saprà svolgere un ruolo costruttivo e credibile in Europa, perché e a Bruxelles che la vera partita si gioca. Non si fa mai campagna elettorale agitando la paura, però ho un certo brivido a pensare che si candidano al governo politici che erano contro l’euro, che non hanno sostenuto l’attuale Commissione, e nemmeno il Recovery Fund, che insistono sui seducenti ma anche ambigui concetti di “sovranità”, che programmano un’economia basata essenzialmente su forze nazionali. Per noi Repubblicani Europei è molto diverso: siamo da sempre i primi critici delle disfunzioni dell’Europa, ma reclamando una strada federale, un’ambizione molto maggiore che se condivisa ci pernotterebbe di lasciarci alle spalle anche il caro bollette. Questo di cercare di trovare soluzioni in Europa, anziché in velleità nazionali, è un valore di fondo che ritroviamo nel PD al quale riconosciamo di aver tenuto sempre la barra dritta verso l’Europa.
Il paese ha molte priorità ma per alcuni non sembrano coincidere con quelle di Bruxelles....
Macché, è il contrario. Certo, l’Europa non è un paradiso e nessuno ti regala nulla, ogni cosa va conquistata con credibilità, argomenti e un sistema-paese che spesso non vogliamo avere, così che alcune decisioni magari non ci piacciono. Tuttavia, è interesse degli italiani prima ancora che dell’Europa smetterla di finanziare la nostra spesa pubblica ricorrendo al debito, evitare le tante procedure d’infrazione e relative multe perché non applichiamo le direttive ambientali o sulla gestione dei rifiuti, assicurare una transizione digitale per la nostra pubblica amministrazione, e via dicendo. Le do un esempio. Oltre che repubblicano sono anche membro della segretaria del Partito Radicale e lo scorso ferragosto, come faccio da una dozzina d’anni, sono andato a visitare due carceri. Pe rla prima volta ho avuto la percezione che il problema del sovraffollamento nelle celle sia, speriamo per sempre, finalmente superato. È basta una sentenza europea a far prendere quei provvedimenti ai quali si poteva pensare da soli già da anni. E questo vale per mille altri campi.
Ma l'Europa avrebbe sicuramente bisogno di uno snellimento dei processi decisionali. Come fare?
Siamo in ritardo. Il mondo cambia rapidamente ma l’Europa resta in questo limbo: troppo tardi per avere politiche nazionali efficaci al cospetto di qualsiasi sfida globale, ma ancora troppo presto, a quanto pare, per dotarsi di una sola voce. La Cina (ma similmente l’India o l’Indonesia o il Brasile) ha il vantaggio enorme non tanto di avere un costo del lavoro molto competitivo, ma di essere un paese di un miliardo e quattrocento milioni di persone con una sola politica fiscale, una sola diplomazia, una sola legislazione sul lavoro o per l’ambiente, eccetera. Noi siamo 450 milioni e andiamo avanti con 27 ministri degli esteri, del lavoro, dell’economia – ai quali si aggiunge la dimensione delle istituzioni europee. Così non si va da nessuna parte e la prima cosa da smantellare è l’unanimità, anche a costo dia andare in minoranza su alcune questioni. Siamo di fatto in guerra, eppure oltre a non avere una politica comune sull’energia, non abbiano la capacità di creare forze armate comuni – non semplicemente “coordinate”, ma comuni. Si parla tanto di aumento delle spese militari, ma se avessimo una difesa comune – non semplicemente “coordinata” ma comune, i risparmi sarebbero nell’ordine di decine e forse centinaia di miliardi ogni anno. Idem per l’energia. Si potrebbe cominciare con delle Cooperazioni rafforzate, come previsto dai trattai, dove alcuni paesi si mettono insieme lasciando la porta ad altri. Se non lo facciamo in tempo di guerra, quando? Ma nessuno può illudersi che questa strada europea del bon senso e del buon uso delle risorse, che è quella mazziniana dell’unità dei popoli europei, non sarà mai l’agenda della destra italiana. Anzi – ma questo non dipende da forze invisibili e occulte, ma solo da noi, anche dal nostro voto.
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