06 Settembre 2022
Sotto elezioni arriva sempre quel momento. È ciclico, sistematico, inevitabile. Accade a pochi giornali dal voto, quando il Pd si accorge di avere un programma debole e di essere sfavorito nei sondaggi. Insomma: quando sa di essere spacciato. Allora ecco che parte la strategia del terrore democratico: “La vittoria della destra è un pericolo per la democrazia”. Stavolta è stato Enrico Letta, in qualità di segretario del Partito democratico, a lanciare l’ultimo, disperato appello a candidati, iscritti ed elettori. La destra. Quel mostro a tre teste (Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi) che vuole stravolgere le leggi, cambiare la Costituzione, guidare la patria con Dio e la famiglia. Parliamoci chiaro: Letta non lo dice, ma con “pericolo per la democrazia” intende il ritorno del fascismo. Meloni che fa una diretta Facebook da Palazzo Venezia, Salvini con la felpa e la camicia nera, Berlusconi che miete il grano a petto nudo. Suvvia. È rimasto a 70 anni fa, Letta. Come la sinistra, la cui unica proposta politica è l’attacco al leader di destra di turno: prima Berlusconi, poi Salvini, quindi Meloni. Sempre col solito mantra: la democrazia in pericolo.
“Voglio lanciare l’allarme per la democrazia italiana, peso le parole, non voglio usare parole a vanvera: abbiamo 17 giorni di campagna per cambiare completamente la storia del nostro Paese ed evitare che l’allarme per la democrazia diventi realtà”, ha detto Letta ai candidati dem. “Ci sono tre percezioni sbagliate che si stanno diffondendo nel Paese. Primo: una vittoria annunciata della destra e quindi liberi tutti, la destra ha già vinto e a quel punto perché votare il partito che è più in grado di batterla? Secondo: vinceranno, ma non governeranno, si squaglieranno e a quel punto si rimescoleranno le carte. Sbagliatissimo, perché con una vittoria larga della destra le carte si rimescoleranno al loro interno e quelli che sono fuori non avranno voci in capitolo. Terzo: alla fine l’Europa ci salva, non ci possono far fallire, mi ricorda quello che accadde con la Brexit, tanti non andarono a votare, ma intanto quel voto oggi è lì”. E ancora:” Oggi è possibile che il 43% dei consensi al centrodestra si trasformi in un 70% di seggi in Parlamento, uno stravolgimento del sistema, uno scenario da incubo”. Alt. Che cosa significa “uno scenario da incubo?”. In che senso? Economico? Geopolitico? Fiscale? Letta non lo spiega. E prosegue: “Il voto per le liste di Calenda e Conte sono oggettivamente un aiuto alla vittoria della destra. Uno vuole fare il governo con la Meloni, l’altro ha il sostegno di Trump”. Il Pd, invece, ha il sostegno della Francia di Emmanuel Macron, che quando stringere accordi nell’Ue si rivolge alla Germania, mai all’Italia, e del democratico Joe Biden, che quando convoca un vertice anti-Russia chiama Parigi, Berlino e non Roma.
Saltano fuori tutti, allora. Esponenti del Pd che manco ricordavi esistessero. Ha cominciato Romano Prodi: “Democrazia in pericolo se vince questa destra”. Questa? Perché? Quali altre destre ci sono? C’è una buona destra e una cattiva destra? E come si fa a distinguerle? Poi ecco Francesco Boccia, che dall’alto del suo record (aver partecipato a tutte le primarie del Pd dal 2010 a oggi e non averne vinta neanche una) tuona: “Salvini complice di Medvedev, la destra è pericolosa”. Persino le Sardine, ha riesumato il Pd, con a capo Mattia Santori, lo statista dell’Erasmus. Le Sardine. Alla ribalta dei media italiani per due mesi, poi scomparse dalla scena politica, quindi pronte a tornare in piazza il 10 settembre per metterci tutti in guardia sul fatto che “se vince la destra è indubbio il rischio di un pericolo democratico”. A giudicare dall’esito delle consultazione del 2018 e dai sondaggi per la tornata del 25 settembre, pare che gli elettori non siano particolarmente preoccupati dal destino della democrazia italiana. Anzi: forse, votando “questa destra”, per dirla con Prodi, sperano che “questa democrazia” di bollette raddoppiate, tasse esorbitanti e stipendi da fame sia davvero in pericolo.
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