27 Marzo 2022
Fonte: lapresse.it
Il premier incaricato Mario Draghi, una volta chiusa la sua esperienza nel Governo dei migliori, potrebbe avere un posto riservato nella Nato. Proprio quando in Italia si andrà al voto, infatti, all'interno dell'Alleanza atlantica si libererà una prestigiosa poltrona: quella di Segretario Generale. Super Mario Draghi ci starebbe facendo più di un pensiero. Anzi sarebbe già al lavoro per ottenere quel nuovo prestigioso incarico. L'alternativa per lui, dando per scontato che non sarà pronto al pensionamento anticipato, sarebbe quella di fondare un partito e presentarsi alle elezioni. In questo caso, Mario Draghi seguirà esattamente il percorso fatto dal suo quasi omonimo Mario Monti, con il rischio di fare la sua stessa fine.
Come ha scritto Il Tempo, Draghi, per arrivare all'obiettivo sperato, starebbe già lavorando per riportare la rotta italiana verso gli Stati Uniti, dopo che M5s e Lega, negli ultimi anni, sembravano aver perso la bussala, aveva iniziato a puntare a Est, verso il Cremlino. In questo senso, l'appoggio incondizionato a Jon Biden, con pure lo scivolone sul tema degli armamenti da dare all'Ucraina (per il quale Draghi ha ricevuto le critiche da Papa Francesco), potrebbe essere visto come un primo segnale sui progetti futuri del Premier.
Un mese fa, a guerra iniziata, Draghi era parso irritato per non esser stato coinvolto nelle decisioni sulle sanzioni economiche e sul blocco del sistema bancario Swift. Alla presidenza Usa, a discutere di queste importanti questioni, c'era solo la Franca, la Germania e la Gran Bretagna. Un'esclusione che ha portato Draghi a diventare tra i leader europei più duri nei confronti della Russia, arrivando a promettere perfino l'invio di armi in Ucraina. Forse un modo per farsi sponsorizzare, o meglio raccomandare dagli Stati Uniti d'America in vista di un "colloquio di lavoro".
Intanto il premier italiano rimane al lavoro, provando un po' a tenere assieme questo sgangherato Governo, e rivedendo il piano del Pnrr italiano, il quale andrà corretto a beneficio di maggiori investimenti su produzione e infrastrutture per l'energia. Infatti, il grande piano europeo di ripresa e resilienza ha dimostrato di essere abbastanza fragile. Così come era pensato, si è realizzato del tutto impreparato ai nuovi scenari che si sono verificati.
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