Sudan, UK sanziona 4 leader RSF per "esecuzioni sommarie e stupri" tra cui il fratello di Dagalo; stanziati £21mln in aiuti a civili
Il Regno Unito è accusato di essere uno dei principali Paesi esportatori di armi verso il Sudan, assieme agli Emirati Arabi Uniti
Il Regno Unito ha imposto sanzioni contro quattro comandanti delle RSF (Forze di Supporto Rapido) perché "sospettati" di aver compiuto e preso parte alle atrocità perpetrate contro i civili sudanesi quali "uccisioni di massa, violenze sessuali e attacchi deliberati".
Sudan, UK sanziona 4 leader RSF per "esecuzioni sommarie e stupri" tra cui il fratello di Dagalo; stanziati £21mln in aiuti a civili
Comincia a muoversi qualcosa, nel quadro delle politiche internazionali, relativamente al tragico "genocidio" in corso da tempo in Sudan. Dopo la timida risposta data, lo scorso 20 novembre, dalla Commissione Europea, che imponeva "misure restrittive" contro il "numero due delle RSF", ovvero Abdelrahim Hamdan Dagalo, ora anche il Regno Unito si mobilita con nuove procedure sanzionatorie. A informarcene è un comunicato stampa governativo, dove si annuncia che il governo inglese ha sanzionato ufficiali e membri di spicco delle RSF perché "sospettati di efferate violenze" ad Al-Fashir, come appunto "uccisioni di massa, violenze sessuali sistematiche e attacchi deliberati contro civili".
I soggetti coinvolti nelle sanzioni sono precisamente quattro, di cui uno è sempre Abdul Rahim Hamdan Dagalo, fratello del leader dei paramilitari, il generale Hemedti Dagalo, nonché vicecapo. Per lui, recita il comunicato, le accuse sono gravi: oltre alle esecuzioni sommarie ed "etnicamente mirate", oltre a sistematiche violenze fisiche come "stupri di gruppo", figurano anche "rapimenti per riscatto, detenzioni arbitrarie e attacchi a strutture sanitarie e operatori umanitari". Con lui, le sanzioni colpiscono anche Gedo Hamdan Ahmed, comandante RSF per il Darfur del Nord, Al-Fateh Abdullah Idris, generale di brigata coinvolto nel "deliberato targeting dei civili", e Tikani Ibrahim Moussa Mohamed, comandante di campo RSF. Tutti colpiti da misure che riguardano il congelamento dei beni e il divieto di viaggio.
Per la prima volta, il Regno Unito - che, ricordiamo, nel traffico di armi, sembra essere uno dei diversi Paesi esportatori di armi verso il Sudan, insieme agli Emirati Arabi e all'Italia stessa -, bolla le azioni militari contro i civili di Al-Fashir come una "strategia deliberata per terrorizzare le popolazioni e prendere il controllo attraverso la paura e la violenza". Davanti alle prove inconfutabili delle atrocità compiute dalle RSF su Al-Fashir, tra cui le immagini satellitari che mostrano macchie di sangue e fosse comuni, neppure Londra ha potuto continuare a volgere le spalle al Sudan.
Un recente briefing privato ottenuto dai parlamentari britannici ha dato contezza dei fatti: stimate almeno 60 mila vittime dopo la presa di Al-Fashir, con ulteriori 150 mila residenti dispersi, senza indicazione se siano fuggiti o meno. Dati rarefatti, che fanno sospettare possibili ulteriori omicidi di massa. A quanto risulta però, il Regno Unito ha stanziato circa £21 milioni in cibo, riparo, servizi sanitari e protezioni in difesa soprattutto di donne e bambini. "Questa ancora di salvezza - prosegue il comunicato - consentirà alle organizzazioni umanitarie di raggiungere 150.000 persone con elementi essenziali come cibo, cure mediche e rifugi di emergenza, nonché di mantenere gli ospedali in funzione e riconnettere le famiglie distrutte dal conflitto. Gli impegni di aiuto del Regno Unito al Sudan quest'anno salgono a £146 milioni".