02 Dicembre 2025
Soldati Uk in Afghanistan Fonte: Uk.gov
Emergono accuse sulle operazioni delle forze speciali britanniche in Afghanistan: secondo una testimonianza resa in un'inchiesta, alcuni reparti avrebbero adottato una “politica mirata a eliminare maschi in età da combattimento anche quando non rappresentavano alcuna minaccia”. A denunciarlo è un alto ufficiale identificato come N1466, che ha portato alla luce documenti, voci interne e presunti insabbiamenti di crimini di guerra.
Una “politica deliberata” per eliminare uomini in età da combattimento, anche quando non rappresentavano una minaccia. È questa l’accusa choc emersa davanti all’Afghanistan Inquiry, l’indagine indipendente voluta dal governo britannico per fare luce sulle operazioni delle forze speciali in Afghanistan negli anni più intensi della guerra.
A denunciarla è un ufficiale senior, nome in codice N1466, che nel 2011 ricopriva il ruolo di assistente capo di stato maggiore per le operazioni nel quartier generale delle UK Special Forces. In una nota classificata, inviata il 7 aprile di quell’anno al direttore delle forze speciali, il comandante affermava di aver ricevuto segnalazioni dirette dal vertice di un’unità d’élite – identificata come UKSF1 – riguardo a uccisioni sistematiche di uomini afghani durante i raid notturni.
Secondo quanto riportato, il comandante dell’unità riferiva che alcuni membri del reparto parlavano apertamente della prassi di “ingaggiare e uccidere maschi in età da combattimento” durante i raid, anche quando questi non costituivano una minaccia immediata. Una voce così grave da essere definita “distasteful” e “inaccettabile” per l’etica delle forze speciali, ma allo stesso tempo considerata credibile dal personale sul campo.
N1466 ha dichiarato che, anziché indagare, il direttore delle UKSF – identificato come N1802 – avrebbe scelto di insabbiare tutto: “Una decisione consapevole”, secondo l’ufficiale, volta a evitare conseguenze politiche e giudiziarie. Il responsabile avrebbe inoltre gestito in maniera ristretta e opaca i dati sulle operazioni, limitando la diffusione delle informazioni anche all’interno del quartier generale.
Tra gli episodi più drammatici citati dall’ufficiale figura il racconto, raccolto dalla Royal Military Police nel 2018, di un raid in cui membri di UKSF1 spararono contro una zanzariera sotto cui avevano visto movimenti, senza verificare l’identità delle persone nascoste. Quando il telo fu sollevato, vennero trovati donne e bambini. L’incidente, secondo la testimonianza, sarebbe stato “coperto”, e a chi sparò sarebbe stato persino assegnato un premio per legittimare l’azione.
In audizione, N1466 ha spiegato il motivo per cui ha scelto di parlare: “Non è lealtà verso la tua organizzazione guardarla andare a rotoli”. Ha citato anche il caso del presunto omicidio, nel 2012, dei piccoli Imran e Bilal, di uno e tre anni, uccisi nei loro letti durante un’operazione: “Non è ciò per cui siamo entrati nelle forze speciali. Non è elite, non è speciale”.
Secondo l’ufficiale, il clima nell’unità sarebbe degenerato al punto da misurare il valore dei soldati non più sul merito operativo, ma sulla “quantità di uccisioni” e sul “tempo trascorso a premere il grilletto”.
Le famiglie afghane, da anni, sostengono che le forze speciali britanniche abbiano condotto una vera e propria “campagna di omicidi” contro civili disarmati, mentre alti ufficiali e funzionari del Ministero della Difesa avrebbero ostacolato indagini efficaci. Le operazioni investigative precedenti – come Operation Northmoor e Operation Cestro – non hanno portato a nessuna incriminazione, nonostante l’ingente dispiegamento di risorse.
Un portavoce del Ministero della Difesa ha ribadito la “piena collaborazione” del governo con l’inchiesta, sottolineando la volontà di mantenere “trasparenza e responsabilità”.
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