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A Kiev c’è un problema creato dall’Occidente “buono”: Zelensky; nella corruzione c’è il perché in Ucraina non c’è pace

Zelensky era intoccabile e come tale veniva sempre più narrato come l’eroe da non lasciare solo. Anche quando cacciava chi non gli era fedele o metteva al bando coloro che già parlavano di corruzione

15 Novembre 2025

Ucraina, Zelensky pronto alla pace con Putin ma in cambio chiede armi nucleari, Mosca: “Pronti anche se è presidente illegittimo”

Zelensky, fonte: imagoeconomica

Nella mia scorsa esperienza in Senato mi capitò, tra le altre cose, anche di dover spiegare la mia assenza in aula durante il primo discorso - ovviamente “storico” secondo le gazzette italiane - del presidente ucraino Zelensky. E di dovermi difendere dalle accuse di filoputinismo, versione aggiornata di un peccato mortale che mi colpì prima come eurocontrario poi come novax; del resto è sempre così, quando uno non si allinea meglio etichettarlo come il matto da tenere alla larga.


Nello specifico della questione ucraina mi tenni alla larga già dai primi decreti che stabilivano l’invio di armi: la mia tesi - che poi fu anche quella di Berlusconi, al quale il suo stesso gruppo tolse la legittimazione politica proprio per quelle opinioni - era che dovevamo continuare a giocare l’unico ruolo che ci è riuscito, il ruolo di mediatori. Avevamo portato gli stabilimenti della Fiat in Unione Sovietica negli anni della Guerra Fredda, perché prendere parte del contenzioso? Perché Putin aveva invaso l’Ucraina ed era diventato cattivo?

Beh, lo Zar ce lo aveva detto chiaro e tondo che avrebbe rivoluto la Russia grande protagonista nello spazio geopolitico e noi (con la Germania) glielo avevamo consentito scegliendolo come partner energetico pressoché unico. Va beh, sono storie che conosciamo e che non voglio ripetere. Dunque dopo aver motivato il rifiuto a votare il primo (e quelli a seguire) invio di armi, accanto alla narrazione epica della resistenza Ucraina cominciarono ad affiorare le prime voci di opacità, le stesse che oggi scoppiano in faccia all’Europa. L’Ucraina era un paese corrotto e Zelensky aveva pesanti ombre; FdI tutto questo però non si poteva parlare. Chi lo faceva era un megafono della propaganda russa: quindi della villa in Italia non si poteva parlare, degli affari americani in Ucraina non si poteva parlare e si doveva pure tacere sulle prime rivelazioni di mazzette pesantissime veicolate nei paradisi fiscali. Ovviamente del mercato nero delle armi, anche di quelle mandate dal fronte dei Buoni, silenzio tombale. Zelensky era intoccabile e come tale veniva sempre più narrato come l’eroe da non lasciare solo. Anche quando cacciava chi non gli era fedele o metteva al bando coloro che già parlavano di corruzione. Ad agosto tentò persino di soffocare il lavoro di quegli organismi che ora ringrazia per il lavoro.


La verità è che Zelensky sapeva e ha coperto. Il suo ruolo di presidente, per di più in uno stato di guerra, lo scherma da qualsiasi indagine che lo riguardi, così non sapremo mai (tanto dopo gli daranno una qualche grazia, tipo quella che vorrebbero dare a Netanyahu) se anch’egli è parte del meccanismo. Nessuno così mi toglierà dalla testa che Zelensky vuole stare in guerra perché è la sua condizione perfetta. Certo, è stato aggredito e nessuno lo dimentica ma dietro l’aggressione militare di Putin c’è tanto lavoro della Nato e non solo. Quando Jeffrey Sachs anche in Italia aveva parlato delle responsabilità dell’Europa e degli Usa nell’impedire la chiusura di un accordo con Putin è stato preso in giro da uno come Calenda (sulle cui azioni da ministro ho già scritto).


Ora la domanda è: davvero vogliamo berci questa favoletta che nessuno sapeva del gigantesco giro di corruzione attorno a Zelensky? Davvero pensiamo che il risiko si sia ripulito con l’arresto di due ministri nevralgici come quello dell’Energia e della Giustizia? E davvero non vogliamo che si faccia luce sugli aiuti finanziari e militari che ci coinvolgono? Vogliamo nono sapere cosa c’è sotto le reti relazionali che coinvolgono i vertici ucraini? Nei Pandora Papers era svelato l’intreccio tra Zelensky e l’oligarca Ihor Kolomoisky, re dei metalli, finanziatore di milizie nazistoidi e proprietario della tv dove debuttò l’attuale presidente ucraino. E qui si intreccia il legame con l’amico e socio di Zelensky nella società di produzione televisiva Kvartal 95, quel Timur Mindich oggi al centro dell’inchiesta di corruzione, un tipo che - come fosse un Casamonica qualunque - amava installare i bagni in oro zecchino e che conservava gelosamente mazzette di bigliettoni da 200 euro. Come ha fatto Mindich a sapere anzitempo che sarebbe stato arrestato e quindi regalandogli la via di fuga all’estero? Non ci interessa andarlo a prendere? Le accuse ci dicono che fosse lui il playmaker della "organizzazione criminale". Dalle registrazioni sembra che Mindich - nome in codice di Carlson - avesse preso in mano il consorzio Energoatom, estorcendo ai suoi fornitori «commissioni» del 10-15% sui contratti, mascherati in consulenze e appalti truccati. E poi via con il reticolato di società in paradisi fiscali, in Svizzera e in Russia.


Zelensky è davvero estraneo? Ma quanto ancora vogliamo continuare con questa copertura, quanto ancora non vogliamo che si sappiano le società di comodo che si collegano anche alla famosa villa di Zelensky a Forte dei Marmi? Il sistema di corruzione è parte delle motivazioni per cui in Ucraina non è stata trovata ancora la mediazione possibile. Troppo facile dare la colpa a Putin.

Di Gianluigi Paragone

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