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Dazi Usa, Trump vuole imporli anche per i film non prodotti in America ma distribuiti: la fine di Hollywood e del cinema di Los Angeles?

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha minacciato di imporre pesanti dazi sulle produzioni cinematografiche non realizzate negli Usa ma distribuite sul territorio americano. Perché lo sta facendo?

16 Ottobre 2025

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Donald Trump

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha minacciato di imporre pesanti dazi sulle produzioni cinematografiche non realizzate negli Usa ma distribuite sul territorio americano. Perché lo sta facendo? Semplicemente perché Hollywood, Los Angeles e la California stanno attraversando la peggiore crisi degli ultimi 30 anni nella industry cinematografica. Nel 2024 gli occupati del settore tra Los Angeles e dintorni sono calati a circa 100 mila: erano 142 mila un anno prima.
E ciò accade perché a L.A. tutto costa troppo e le major, che hanno ridotto i budget e si concentrano sulla redditività, spostano le produzioni o in altri stati americani (tipo la Georgia), o in Canada, o in Europa dell’Est, inseguendo manodopera a basso costo e incentivi messi a disposizione dai singoli paesi (un po’ come il generoso tax credit che per alcuni anni ha reso Cinecittà e l’Italia intera molto attraenti per le grandi produzioni internazionali).
Se a Los Angeles entra in crisi il cinema (le nuove produzioni annue del 2024 non erano così basse dal 1995), accade quello che sta succedendo in Piemonte con l’addio della Fiat-Stellantis: crolla l’indotto della principale industria del luogo. E infatti: meno ordini per costumi, scenografie, catering. Chi perde il lavoro consuma di meno. E le prospettive sono ancora più nefaste: dopo la bolla Covid, anche tutte le piattaforme di streaming stanno riducendo le loro produzioni, e lo sviluppo della intelligenza artificiale generativa mette a repentaglio molte professionalità che a Hollywood avevano trovato la loro terra promessa. Alcuni cambiano lavoro, altri cambiano proprio città. Non è un caso che L.A., dal 2020 a oggi, abbia una popolazione diminuita di 250 mila unità. Insomma, la capitale mondiale del cinema rischia di perdere proprio la sua identità. E non ha pronto un piano B che possa nel giro di pochi anni sostituire la ricchezza portata dai film e dalle serie.
Il tutto, poi, si innesta in una fase di profondi cambiamenti delle abitudini del pubblico che va nelle sale cinematografiche. Cambiamenti che minano anche quelle poche certezze rimaste nella industria di Hollywood. Dopo la pandemia, infatti, si sono ridotte le cosiddette finestre di esclusiva dei film in sala: prima l’intervallo era di circa tre mesi, adesso è sceso ad appena qualche settimana. E quindi una bella fetta degli spettatori, soprattutto quelli adulti, è disposta ad attendere il passaggio dei film sulle piattaforme streaming, senza frequentare le sale come prima. Questo accade soprattutto per i film “di prestigio”, quelli in lizza per gli Oscar, quelli di autore, per le pellicole senza effetti speciali o che non siano franchise affermati: tutti prodotti che non creano più quel timore di perdersi qualcosa, di rimanere esclusi dalle conversazioni sociali, il cosiddetto Fomo (fear of missing out). Con ricavi in sala che restano inferiori del 20% rispetto al periodo pre-Covid e con major hollywoodiane che si tengono alla larga da proprietà intellettuali nuove e sono costrette a scegliere quasi solo titoli sicuri, tra sequel, prequel e spin off di grandi successi del passato.
Di Stefano Bastoni

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