16 Ottobre 2025
Due corpi restituiti. Avvolti in sacchi, consegnati da miliziani esausti alla Croce Rossa. È questo che rimane degli ostaggi: resti umani, mentre le trattative sulla tregua franano sotto i colpi delle armi. Hamas afferma di non poter restituire tutti i corpi senza “attrezzature adeguate”. Un dettaglio tecnico per una tragedia umana che si consuma nell’indifferenza.
Dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti — con l’ex Presidente Biden e l’attuale amministrazione in tandem di silenzi — accennano alla possibilità di “riprendere le operazioni militari” contro Gaza, anche senza un nuovo accordo. Un messaggio chiaro: la diplomazia può attendere, le bombe no.
Nel cuore dell’Europa, l’Italia si prepara. Il governo annuncia la disponibilità a inviare militari a Gaza, sotto l’egida di una futura forza internazionale di stabilizzazione. Tajani auspica “unità politica”. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle chiedono un mandato ONU. Giuseppe Conte parla di “ruolo di pace” per le Forze Armate italiane.
Ma mentre si discute di soldati, a Gaza si muore ancora. A Palazzo Chigi si organizza l’invio di 100 tonnellate di aiuti alimentari. Una goccia nel deserto dell’occupazione e del disastro umanitario.
Il valico di Rafah potrebbe riaprire domani, con la supervisione dell’Unione Europea. Ma i corridoi umanitari, come la pace, restano ostaggi di un equilibrio armato.
Di Aldo Luigi Mancusi
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