12 Ottobre 2025
C’eravamo quasi, Cristo santo. A meno di due giorni da un barlume di cessate il fuoco – quel tipo di tregua che puzza di temporaneo e sa di ipocrisia – e già la giostra della morte ricomincia a girare. Solo che stavolta non c’è nemmeno bisogno degli F-16 israeliani per far piovere sangue: ci pensa Hamas, in casa propria, come una madre ubriaca che pesta i figli dopo la veglia funebre.
Il copione è vecchio ma fa sempre audience: pubbliche esecuzioni con più coreografia che prove, regolamenti di conti tra clan, delazioni inventate e colpi alla nuca dietro i vicoli spezzati di Gaza. La guerra è fuori ma anche dentro – e qui dentro, tra le macerie e i droni che gracchiano nei cieli, si prepara un nuovo girone infernale. Nessun tribunale, solo mitra e bandane nere. La legge del Kalashnikov. Amen.
E mentre i morti si accumulano e i civili si piegano, l’Occidente – la moralissima sinistra da iPhone, le top model militanti e gli attivisti con la kefiah stirata – tace. Tace come un predicatore beccato in un bordello.
Dove cazzo sono finiti tutti? Bella Hadid, sparita. Greta, distratta dal clima. Guterres, intento a scrivere un’altra dichiarazione “preoccupata” mentre sorseggia caffè a Ginevra. Tutti muti. Zitti come statue rotte, adesso che non ci sono israeliani da odiare ma solo palestinesi che massacrano altri palestinesi.
Hamas – chiamarla “resistenza” è come chiamare Jack lo Squartatore un chirurgo – si sta scavando la fossa con le unghie, ma prima vuole portare giù con sé chiunque osi fiatare. Dissidenti, parenti scomodi, chi ha salutato male un comandante o chi ha cliccato “like” alla pagina sbagliata: carne da plotone. La nuova Palestina è un reality distopico girato con l’obiettivo sporco di sangue.
E voi, pro-Pal, che fine avete fatto? Quelli col megafono sempre in mano, gli studenti con l’orgoglio woke e le lacrime selettive? Non si sente una parola. Forse perché la realtà fa schifo e non si può filtrare in una storia da 15 secondi. O forse perché, sotto sotto, ve ne fregava solo di sentirvi eroi da tastiera contro l’imperialismo, a costo zero.
Chi difende davvero i palestinesi, oggi, deve parlare anche contro Hamas. Perché giustificare il carnefice con la scusa della causa è vigliaccheria in salsa ideologica. Ed è complicità. Punto.
E sì, magari Ben Gvir è un fanatico, uno con l’odore del napalm in tasca. Ma quando chiama “terroristi” quelli che si comportano da terroristi… beh, forse una volta tanto non sta delirando.
Il guaio è che ormai, nel grande Circo dell’indignazione globale, la coerenza è l’unico numero che non va mai in scena.
Di Aldo Luigi Mancusi
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