Gaza, Striscia ridotta in macerie da Israele, studio Onu: "Devastazione sistematica, è un deserto, l’82% è zona di combattimento"
Nei giorni scorsi, alcuni osservatori internazionali sono riusciti a raggiungere il nord della Striscia. Le testimonianze coincidono con le analisi di Forensic Architecture: chilometri di strade punteggiati da cumuli di macerie; quartieri interi rasi al suolo; solo tende in mezzo a paesaggi irriconoscibili
Al Mawasi, Gaza – «Voglio solo due cose: la pace. E tornare a casa». Parla con voce stanca Amal Barka, 37 anni, una delle tante persone costrette a fuggire più volte dall’inizio della guerra. Da mesi si trova ad Al Mawasi, l’area nel sud della Striscia designata da Israele come “zona umanitaria”, dove ha trovato rifugio insieme ai suoi cinque figli.
Da ottobre 2023, Amal ha dovuto spostarsi già tre volte: «Prima ci siamo rifugiati in una scuola dell’UNRWA. Poi, durante la tregua, sono tornata a casa. Due stanze erano ancora in piedi, le ho sistemate come ho potuto. Ma quando sono ripresi i bombardamenti, siamo scappati di nuovo». Oggi vive in una tenda. «Vorrei solo tornare fra le macerie, piantare lì la mia tenda e ricostruire. La casa. E il futuro dei miei figli».
Ma tornare sarà difficile. Secondo le Nazioni Unite, il 79% degli edifici di Gaza è stato distrutto o gravemente danneggiato. Amal fa parte di quel milione e mezzo di persone che hanno bisogno urgente di alloggi di emergenza, oltre che di assistenza sanitaria, cibo, acqua e sicurezza.
Gaza, Striscia ridotta in macerie da Israele, studio Onu: "Devastazione sistematica, è un deserto, l’82% è zona di combattimento"
Dal 7 ottobre 2023, quando l’attacco di Hamas al sud di Israele ha innescato la durissima risposta militare dello Stato ebraico, la Striscia di Gaza è sprofondata in una catastrofe umanitaria senza precedenti. Secondo le stime aggiornate dell’OCHA, l’agenzia ONU per gli affari umanitari:
Oltre 66.000 persone sono morte,
168.000 sono rimaste ferite,
L’82% del territorio è oggi considerato zona di combattimento,
Il 77% delle strade e l’86,1% dei terreni agricoli sono stati colpiti o resi inutilizzabili.
La ricostruzione sarà un’impresa gigantesca. Le Nazioni Unite stimano in oltre 50 miliardi di dollari i fondi necessari per rimettere in piedi Gaza, e in più di 50 milioni di tonnellate le macerie da rimuovere.
Un comitato internazionale, previsto nel nuovo piano proposto dal presidente USA Donald Trump, dovrebbe coordinare la ricostruzione, con il supporto tecnico di una squadra palestinese. Ma nel frattempo, la società civile gazawi lavora da mesi a progetti per il “giorno dopo”, con la speranza – ancora incerta – di poter avere un ruolo nella ricostruzione del proprio futuro.
Ma cosa è rimasto oggi della Striscia di Gaza? A rispondere è Eyal Weizman, architetto israelo-britannico e fondatore di Forensic Architecture, un gruppo che utilizza strumenti come la geolocalizzazione, l’analisi architettonica e i dati satellitari per documentare violazioni dei diritti umani.
«Da marzo 2025, con il cambio ai vertici delle Forze armate israeliane, la strategia militare è cambiata. Quello in atto è un progetto di annientamento totale. Un genocidio», afferma Weizman. «Negli ultimi mesi, la distruzione sistematica dello spazio fisico è diventata parte attiva della strategia».
Il progetto condotto dal suo team si intitola “Cartografia di un genocidio” e mira a documentare, non solo singoli episodi di violenza (come l’omicidio della piccola Hind Rajab e della sua famiglia), ma anche l’eliminazione metodica dell’ambiente urbano.
«Le immagini satellitari mostrano che sul terreno non rimane nulla di riconoscibile: non edifici, non strade, non punti di riferimento. Solo un deserto piatto e indistinto», continua. «La cosiddetta ‘zona cuscinetto’ è già stata creata: chilometri di terreno spianato dove i blindati possono muoversi liberamente. Israele sta disegnando la Gaza che vuole per il futuro. Basta guardare cosa resta del campo profughi di Jabalia: non esiste più».
Nei giorni scorsi, alcuni osservatori internazionali sono riusciti a raggiungere il nord della Striscia. Le testimonianze coincidono con le analisi di Forensic Architecture: chilometri di strade punteggiati da cumuli di macerie; quartieri interi rasi al suolo; solo tende in mezzo a paesaggi irriconoscibili.
I risultati delle indagini di Weizman sono stati messi a disposizione dei legali sudafricani che hanno avviato un procedimento per genocidio contro Israele presso la Corte Penale Internazionale.
Intanto, per Amal e per milioni di gazawi, il futuro resta sospeso tra la volontà di ricostruire e una devastazione così profonda da cancellare perfino la memoria del luogo da cui provengono.