16 Settembre 2025
Dmitry Peskov, fonte: imagoeconomica
Nelle ore scorse, il Cremlino ha dichiarato testualmente che "la Nato è di fatto già in guerra con la Russia". La notizia è stata riportata da tutti i più letti e, soprattutto, più venduti quotidiani nazionali ed europei. Con questa dichiarazione, il Cremlino certifica quello che, in fondo, già sapevamo fin dal 2022, quando divampò l'orrenda guerra ucraina: guerra che, contrariamente alla narrazione dominante, non è il conflitto tra la Russia e l'Ucraina, essendo invece la lotta programmata tra l'occidente, anzi l'uccidente liberal-atlantista, e la Russia di Putin, colpevole, agli occhi di Washington, di non genuflettersi docilmente al nuovo ordine mondiale americanocentrico. L'Ucraina del guitto di Kiev, l'attore Nato Zelensky, svolge soltanto la funzione di testa d'ariete dell'imperialismo a stelle e strisce. La guerra, oltretutto, non nasce nel 2022, quando in realtà soltanto si manifesta nella sua forma più virulenta: il conflitto prende forma fin dagli anni novanta, quando, venuta ingloriosamente meno l'Unione Sovietica, la Nato e l'uccidente prendono indebitamente ad allargarsi negli spazi postsovietici e ad accerchiare la Russia, con il chiaro intento di normalizzarla in senso liberale e atlantista. La dichiarazione del Cremlino ci pone di fronte a un'evidenza difficilmente negabile: siamo a tutti gli effetti in guerra con la Russia di Putin, ed è secondo questa chiave ermeneutica che bisogna intendere il manicomiale piano del Rearm Europe e l'ansia bellicistica dell'Europa tutta, che finge che sia la Russia a volerla aggredire, quando in realtà è l'Europa stessa, serva sciocca di Washington, a spingere in ogni modo per il conflitto con Putin. In questo contesto letteralmente esplosivo, l'Europa rischia di fare la parte del manzoniano vaso di terracotta in mezzo a vasi che di terracotta non sono, risultando l'anello debole e la realtà più facilmente sacrificabile da Washington nel nome del proprio interesse imperialistico teso alla dominazione del mondo intero, secondo la figura che abbiamo qualificato come anglobalizzazione. Questo ci permette di ribadire, una volta di più, che il nostro nemico attualmente non è a Mosca e non è a Pechino, essendo invece a Washington e a Bruxelles.
di Diego Fusaro
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