Sabato, 06 Settembre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Zelensky a Cernobbio è l'assurdo che si spiega, che trova un senso preciso nell'assurdità suicida de mondo

Che c'entra un capo in guerra con un forum, una lobby cinquantennale improntata alla comunicazione istituzionale più ferrea, parlare di nulla per non dire le cose, le decisioni prese in camera caritatis? Ma c'entra.

06 Settembre 2025

Alberto Sordi Finché c'è guerra

La faccenda di Zelensky invitato al forum Ambrosetti appare talmente surreale, se non strampalata, da meritare qualche considerazione, qualche domanda se si vuole da Bella Addormentata; la prima, quella che riassume tutte le altre: perché proprio lui, perché solo un capo di Stato coinvolto in una guerra dovrebbe entrarci in un forum, una lobby cinquantennale improntata alla comunicazione istituzionale più ferrea, parlare di nulla per non dire le cose, le decisioni prese in camera caritatis? Rilevare, tanto per cominciare, che hanno chiamato uno solo, senza contraddittori, senza omologhi, senza attenzione per contesti analoghi, non pare molto fondato: l'Europa burocatica sente con tutta evidenza la causa ucraina come propria, et pour cause: col pretesto ucraino l'Unione punta ad uscire dalle sue secche di bilancio, accumulate fra sprechi e ruberie, laddove i singoli Paesi si dibattono sull'orlo di un default irreversibile, la Francia come la Germania come il Regno Unito, per non dire dei guai malavitosi della cricca di governo in Spagna, della fragilità, della vulnerabilità italiana in tutti gli ambiti dal tecnologico allo spionistico, dal finanziario al sociale. Zelensky ha fatto il suo numero, ha detto, come un Kim europeo, che l'Ucraina ha ottocentomila divise, senza precisare quante arruolate a forza per strada, quanti riservisti, e ha concluso che l'esercito a suo dire più grande d'Europa difende il continente. Delirio retorico che non incanta più nessuno, i vari Macron e Merz, peraltro divisi tra loro, puntano, ormai si è capito, al conflitto permanente e un po' per uscire dalle sabbie mobili attuali, dalle loro sciagurate politiche energetiche e inclusive, e un po' pensando ad una ricostruzione che più tarda e più si annuncia lucrosa, anche se alla fine a prendersela tutta sarà l'America di Trump.

Ne consegue che il mondo cambia, gattopardescamente, per non cambiare nelle sue logiche, nei suoi orizzonti globali; ne consegue il legame inscindibile, anzi ulteriormente irrobustito, tra politica e guerra, tra finanza industriale e bellica. Il Grande Conflitto come il più enorme degli affari, dei vettori economici, oggi come ai tempi delle conquiste cesaree. non c'è stato governante più o meno democratico esente da interessi e pesanti interessi nell'industria bellica. In America la cricca presidenziale dei Bush, compresi il generale Colin Powell segretario di Stato e il vicepresidente Dick Cheney, era consocia nella Halliburton, multinazionale dell'energia attiva nello sfruttamento di giacimenti petroliferi che difendeva tramite una compagnia militare privata “con interventi in conflitti in varie parti del mondo”. Alla successora di Powell, Condolezza Rice, dedicarono una portaerei. Da cui le ricorrenti esportazioni di democrazia, che il Nobel per la Pace Obama chiamava primavere arabe. Se questo è vero, ed è indubitabilmente vero, si capisce come e perché ad un forum lobbystico di poteri finanziari possano chiamare un leader esaltato che rivendica la sua presunta potenza militare. Siamo sempre alla guerra prosecuzione della diplomazia con altri mezzi di von Clausewiz, alla guerra totale per dire di masse, di ondate umane mandate al macello, di deerivazione illuministica. Curioso però: più la finanza si rarefà, più investe nella tecnologia magica, immaginaria, e più si torna ai metodi brutali, cavernicoli; più avanza l'intelligenza artificiale e più torna, di risacca, la follia naturale della soluzione potenzialmente apocalittica. E vale per tutti, democratici, oligarchi e autocrati. Per la semplice ragione che industria e industria sono legate nel segno della finanza globale che è la vera rete che avvolge il mondo, che coinvolge e lega democrazie formali e antidemocrazie orientali. Che altro è stata l'impressionante parata militare cinese, mai visto tanto sfoggio di strumenti di distruzione immediata, col nostro compagno D'Alema che ci vedeva “un grande messaggio di pace”?

A Cernobbio Zelensky si è esibito in uno dei suoi soliti numeri, ovviamente chiedendo più soldi per sé in forma di armamenti per il popolo, ma tutte le analisi, gli interrogativi, le interpretazioni degli esperti potrebbero risolversi nel sempiterno discorso finale di Alberto Sordi nel film “Finché c'è guerra c'è speranza”. E vale per tutti, sempre, come sempre. Solo che questa volta sembrano del tutto scomparsi senso della paura e della responsabilità in una platea di potentissimi che più invocano pace e più sfoggiano dotazioni apocalittiche. Finora abbiamo detto, forse credendoci, forse mentendo a noi stessi e a chi ci leggeva, che il mondo un modo per cavarsela lo avrebbe ancora trovato, e finora è stato vero: adesso non sembra più vero e, a sentire uno che vanta il suo milione di soldatini inutili a un forum lobbystico di poteri finanziari, veniva fatto di pensare: ma chi l'ha detto che il mondo non potrebbe finire domani, che il Dio della provvidenza non si è ancora stanco del mondo, della sua ingratitudine, della sua ybris delirante, in cerca di punzione definitiva?

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x