01 Agosto 2025
Gaza, fonte: MSF
Oltre 3300 accademici e professionisti della salute, molti dei quali italiani, lanciano un appello alla comunità scientifica e alle organizzazioni accademiche di tutto il mondo: “Bisogna riconoscere pubblicamente il genocidio in corso”. La richiesta, pubblicata nei giorni scorsi in una lettera aperta rilanciata su The Lancet, denuncia il silenzio istituzionale e invita all’assunzione di responsabilità etica: “Basta silenzio e inazione”.
“A Gaza l’aspettativa di vita è scesa di circa 35 anni nel 2024. Ciò rappresenta una riduzione più grande di quella osservata durante il genocidio in Rwanda”. È uno dei passaggi chiave della lettera aperta firmata da oltre 3300 tra accademici, medici e operatori della salute pubblica – tra cui il rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari e la sociologa Donatella Della Porta della Scuola Normale Superiore di Pisa – che chiede al mondo accademico e professionale di “riconoscere pubblicamente il genocidio a Gaza”.
Il documento, promosso da Roberto De Vogli, professore dell’Università di Padova, e Jonathan Montomoli, anestesista dell’Ospedale di Rimini, è stato rilanciato da The Lancet, una delle più autorevoli riviste scientifiche internazionali, e riporta dati allarmanti: “Dal 7 ottobre 2023 Gaza ha registrato il più alto numero di decessi tra bambini di qualunque altra zona di guerra”.
La lettera denuncia anche il numero elevatissimo di vittime tra i lavoratori essenziali: “Il più alto numero di incidenti a lavoratori della salute (1.400 morti), decessi di operatori dell’Onu (295), giornalisti (212 morti) rispetto a qualunque recente zona di guerra”. A fronte di questi numeri, scrivono i promotori, “la maggior parte delle associazioni nel campo della salute pubblica, mediche e delle scienze sociali sono rimaste in silenzio o hanno rilasciato dichiarazioni vaghe – una risposta che contrasta con il rapido e incisivo supporto ad altri conflitti come quello in Ucraina”.
Un’accusa diretta, quella contenuta nella lettera, rivolta non solo ai governi ma anche al mondo accademico internazionale, spesso restio a esprimersi chiaramente: “Il genocidio a Gaza è un test etico determinante per la comunità sanitaria pubblica globale, gli scienziati sociali e le associazioni accademiche. Il silenzio non è un’opzione”.
La conclusione dell’appello non lascia spazio all’ambiguità: “Come studiosi e professionisti della salute affrontiamo una dura scelta: o sosteniamo la nostra responsabilità etica collettiva e prendiamo posizione per prevenire ulteriori violenze di massa e fame, o saremo ricordati per il nostro silenzio selettivo e l’inazione durante una delle più urgenti crisi morali e di salute pubblica del nostro tempo”.
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