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Trump si prepara a porre altre condizioni irricevibili all'Iran, portando ad un nuovo bombardamento nei prossimi mesi

Le richieste esagerate che prima servivono solo per trattare, ora assumono un altro significato, una minaccia effettiva per gli avversari

27 Giugno 2025

Trump e Netanyahu

fonte: Imagoeconomia

Washington deve essere pronta a colpire ancora. Questa è la tesi che comincia a diffondersi tra i commentatori neoconservatori nella capitale statunitense. Infatti, mentre la Casa Bianca afferma che il programma nucleare iraniano è stato "obliterato", gli interventisti si preparano a un’altra realtà: come indicato dalla stessa DIA – l’Agenzia d’intelligence della difesa – c’è il rischio che l’attacco non sia stato così efficace; o perlomeno che Teheran possa cominciare presto a ricostituire le sue capacità nucleari.

La risposta, secondo chi applaude Trump per aver assecondato il piano di Benjamin Netanyahu per bombardare l’Iran, non potrà che essere quella di tornare all’azione presto. Ormai le reticenze iniziali sono state superate, da parte di un presidente che aveva promesso di evitare nuove guerre. E il tycoon è convinto di aver gestito anche le critiche provenienti dalla base MAGA, facendosi vedere come forte ma comunque attento a non entrare in un conflitto prolungato.

La Casa Bianca ha anche soppresso le critiche interne all’amministrazione: dal vice presidente JD Vance, inizialmente contrario all’intervento, ora si sentono solo dichiarazioni allineate alla posizione del capo. Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence che ha fatto dell’opposizione al cambio di regime la ragione d’essere della sua vita politica, è stata messa da parte per il momento, esclusa anche dalle riunioni dei dirigenti della sicurezza nazionale. E in questo contesto, pure Steve Bannon e Tucker Carlson, personaggi pubblici che si erano scagliati contro la spinta per il bombardamento, hanno abbassato i toni, in particolare dopo il cessate il fuoco.

Ora, però, bisogna guardare avanti. Mentre gli israeliani stilano piani per sfruttare il momento e corteggiare i paesi arabi sunniti, rimane il problema di quanto sia stata efficace la "guerra dei 12 giorni". E cosa succederà se si scopre – ed è verosimile – che l’Iran è riuscito a spostare buona parte del materiale nucleare, e che ha ancora delle centrifughe funzionanti? Oppure che, dopo aver capito che trattare con Washington non rappresenta alcuna garanzia, cominci effettivamente a lavorare per sviluppare una bomba nucleare?

I sostenitori della non-diplomazia non hanno dubbi: bombardare di nuovo, subito, e quante volte necessario, anche se in modo ricorrente. Le indicazioni sono che Trump porrà altre condizioni per riprendere i negoziati con Teheran: il divieto totale dell’arricchimento all’interno del Paese, la rimozione di tutto l’uranio arricchito e limiti sulla produzione di missili.

Il ministro degli Esteri iraniano nega la possibilità di negoziare in questo momento, accusando gli USA di aver tradito le proprie promesse. Allora il presidente americano sembra pronto a ripetere lo schema di prima: porre delle condizioni inaccettabili per il suo avversario, minacciando i bombardamenti se non dovessero essere accettate. E quando le sue richieste non vengono accolte, allora rimane una sola strada da perseguire.

In passato, l’iperbole di Trump sembrava relativamente innocua, un tentativo trasparente di condizionare gli interlocutori prima di cominciare a trattare, ma senza un reale rischio di azioni distruttive da parte degli Stati Uniti. Oggi quel gioco è finito, con un presidente che si è dimostrato incapace di sfuggire al proprio metodo del "pazzo", pronto a far vedere che agirà anche in modo pericoloso se significa mantenere la parola. Con danni potenzialmente incalcolabili.

di Andrew Spannaus

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