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Italia e UE cercano un rilancio nel rapporti con la Turchia

IGD ha intervistato Livio Manzini, Membro del board presso il Consiglio europeo per il commercio e gli investimenti in Turchia (ETTIC), sulle relazioni politico-commerciali bilaterali e con la Ue.

28 Novembre 2024

Italia e UE cercano un rilancio nel rapporti con la Turchia

Manzini ha sottolineato l'importanza di migliorare l'accordo di unione doganale Turchia-Ue. 

D:Come potrebbe definire le attuali relazioni fra Italia e Turchia? 

R:Sono sempre soddisfatto nel riscontrare l’interesse nella relazione commerciale Italia-Turchia, che nel quadro della relazione più ampia UE-Turchia, ricopre un’importanza considerevole per il nostro paese con molte potenzialità di ulteriore sviluppo ma anche con alcune criticità. Vorrei cominciare con una brevissima valutazione sui rapporti bilaterali solo per segnalare che sono ottimi a tutti i livelli includendo i rispettivi capi di stato e di governo. La Turchia è non solo un paese amico ed un alleato ma sia nel campo culturale, che nel campo enogastronomico, della moda oppure del design il Made in Italy gode in Turchia di apprezzamento, stima e rispetto.Per quanto riguarda i rapporti commerciali sono in continua crescita e, da alcuni anni, l’interscambio raggiunge regolarmente livelli storici. L’anno scorso per esempio abbiamo passato la quota dei 26 Miliardi di Euro il che fa dell’Italia il quinto partner commerciale della Turchia ed il secondo partner europeo dopo la Germania con una quota di mercato del circa 5%.Quello che conviene segnalare è che questo interscambio è sia relativamente equilibrato tra import ed export ma anche molto diversificato nel senso che non vi è nessun settore preponderante. Questo a significare che le aziende turche sono ben integrate nelle catene di valore delle aziende italiane e vice versa.Detto questo bisogna anche realizzare che nel mondo attuale queste posizioni non sono mai sicure e vanno difese possibilmente sviluppandole. 

D:Come valuta invece i rapporti con la UE? 

R:In effetti i rapporti commerciali sono basati su un accordo di Unione Doganale UE-Turchia che compirà 30 anni l’anno prossimo. Da allora non è mai stato rivisto o corretto malgrado gli sviluppi tecnologici che abbiamo vissuto e la crescita di nuove potenze come la Cina. Non copre importanti settori dell’economia come l’agricoltura o gli appalti pubblici e non possiede un meccanismo di risoluzione delle possibile dispute. Ovviamente non tiene conto di tutti gli altri accordi commerciali che le due parti hanno concordato con altri paesi o raggruppamenti regionali da allora e sono tanti. Per non parlare del disturbo recato dalla Brexit.Conviene tener conto che all’epoca, questo accordo era considerato una misura temporanea in attesa che la Turchia diventasse un membro della UE. Per tutta una serie di motivi il processo di adesione al momento non sta avanzando. Noi pensiamo che le opportunità commerciali che vi sono per le aziende delle due parti non debbano soffrirne e che converrebbe separare la parte politica da quella commerciale. Un rapporto dell’impatto che avrebbe una modernizzazione ed allargamento dell’Unione Doganale fatto dalla Commissione Europea mostra che vi sarebbe un potenziale reale di accrescere il PIL delle due parti. 

D:Riguardo ai negoziati con la UE? 

R:Al momento la Commissione Europea è pronta ad intavolare I negoziati con la Turchia ed il Parlamento Europeo ha approvato il progetto di cominciare i negoziati senza condizioni prealabili ma con la condizione di impegni fermi su questioni come lo stato di diritto, ecc. da inserire nel testo finale. L’unica cosa che manca è il via libera del Consiglio Europeo e cioè la decisione politica, che tarda ad essere presa il che dimostra anche una mancanza di visione da parte nostra.Dico questo perché d’altro lato altri partner commerciali della Turchia si sono resi conto dell’importanza che questa poteva avere per loro. Un paese con un’economia manifatturiera ben diversificata, con una ottima infrastruttura, una forza di lavoro abile e flessibile e con capacità di produzione su scala globale. Tutto questo in un momento storico dove i paesi occidentali vogliono ridurre la loro dipendenza dall’estremo oriente. 

D:La Gran Bretagna invece ha una visione differente.Come si sta muovendo Londra? 

R:Non è da sorprendersi se la Turchia è il primo paese con il quale il Regno Unito ha firmato un accordo di libero scambio all’indomani (proprio il giorno dopo) del Brexit, un accordo già più complessivo del nostro e che il nuovo governo laburista ha approvato l’inizio di nuovi negoziati per ampliarlo. Gli Stati Uniti dalla loro parte stanno usufruendo sempre di più della base manifatturiera turca con un obiettivo di 100 Miliardi di dollari di interscambio. 

R:Da poco avete unito gli sforzi a livello di Camere di Commercio in UE.Come mai? 

D:La nostra associazione, ETTIC, è stata creata a Bruxelles dalle Camere di Commercio europee presenti in Turchia che vengono rappresentate dai loro rispettivi presidenti. Quella italiana per esempio è una delle più antiche Camere di Commercio Italiane all’Estero con più di 130 anni d’esistenza. Noi ci facciamo i portavoce delle aziende europee che hanno investito in Turchia da tanti anni e che sono consce che i rapporti bilaterali sono gestiti da un trattato oramai obsoleto, con il rischio di perdere quote di mercato ad altri paesi con più visione. Non a caso l’ultima decisione di investimento straniero è stata presa dalla cinese BYD per un ammontare di 1Miliardo di dollari al fine di costruire uno stabilimento per costruire automobile elettriche.Ci auguriamo che le nostre voci collettive verranno ascoltate dalle autorità competenti e che questo impegno che ci siamo presi mettendoci il nostro tempo è le nostre energie porterà dei frutti e creazione di valore per tutti gli attori economici coinvolti.

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