24 Ottobre 2024
Trump e Harris, fonte: Facebook, @Notizie.it
Manca pochissimo al voto del 5 novembre, e i sondaggi si stanno muovendo nella direzione di Donald Trump. Ormai è praticamente pari con Kamala Harris nella media RealClearPolitics, mentre il sito FiveThirtyEight e Silver Bulletin indicano un vantaggio di Harris, rispettivamente, di 1,6 e 1,8 punti. Si tratta di una riduzione di circa un punto nelle ultime due settimane.
Sono mesi ormai, da subito dopo l'avvicendamento tra Joe Biden e Kamala Harris, che la candidata democratica è in vantaggio nella media dei sondaggi nazionali. D'altronde, è difficile ipotizzare che il Tycoon possa vincere il voto popolare: non punta su un'immagine positiva, ma piuttosto sul malcontento della gente che vuole contrastare l'establishment. Ha perso di 3 milioni di voti contro Hillary Clinton e di 7 milioni contro Joe Biden.
È noto, però, che il vincitore delle elezioni viene deciso attraverso il cosiddetto "Collegio elettorale", cioè il sistema di assegnazione di un numero di grandi elettori che dà priorità ai pochi stati più contesi, piuttosto che all'accumulo di voti nelle zone più schierate del paese. È qui che Trump è riuscito a prevalere nel 2016, strappando ai democratici Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, impresa che spera di replicare quest'anno.
I sondaggi più significativi, quindi, sono quelli relativi agli stati in bilico. Qui si può apprezzare quanto questa campagna sia combattuta: in tutti e sette gli stati più importanti il margine è strettissimo, spesso inferiore a un punto percentuale. A seconda del metodo utilizzato per calcolare la media dei sondaggi, Trump può risultare indietro di pochissimo, o addirittura in vantaggio di uno o due punti in stati cruciali come Arizona e Georgia.
Di fatto le rivelazioni di questo tipo non permettono di prevedere con certezza il vincitore del voto del 5 novembre. E' un segnale positivo per Trump, comunque, che nelle ultime due settimane il distacco da Harris si è ridotto, suggerendo che la luna di miele tra la candidata democratica e gli elettori indipendenti potrebbe essere giunta al termine. Alcuni sondaggi indicano infatti che la mancanza di una campagna più incisiva da parte di Harris la sta penalizzando, così come la sua reticenza a differenziarsi da Joe Biden, presidente impopolare a causa di questioni come l'inflazione e l'immigrazione.
Il grande interrogativo che rimane in questa situazione è se i sondaggisti siano riusciti a correggere gli errori commessi in passato. Nel 2016 e nel 2020, sebbene in modo diverso, molti sondaggi avevano sottostimato il sostegno a Trump in alcuni stati, in particolare quelli post-industriali, come i citati Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, che hanno subito pesantemente la perdita di posti di lavoro a causa della globalizzazione. Una delle ipotesi per spiegare questo errore è che alcuni elettori di Trump, diffidenti nei confronti dei media, tendano a non rispondere ai sondaggi. Ciò riduce la rappresentatività dei suoi sostenitori, distorcendo così i risultati.
Quest'anno sono stati introdotti alcuni correttivi, ma anche se ora i sondaggi fossero più precisi, l'incertezza resta alta, poiché tutti i numeri rientrano nel margine di errore statistico. A questo punto, diventa cruciale il turnout, ovvero il lavoro dei partiti per assicurarsi che gli elettori vadano effettivamente a votare, o lo facciano in anticipo. Perfino Trump sta ora incoraggiando i suoi sostenitori a votare in anticipo, nonostante le critiche che aveva rivolto a questa pratica quattro anni fa.
In conclusione, ci aspetta una battaglia all'ultimo voto. La domanda cruciale è se gli ultimi elettori indecisi terranno conto dei numerosi difetti di Trump, o se daranno maggiore peso all'impressione di un paese in preda all'incertezza, bisognoso di un nuovo cambiamento di leadership.
Di Andrew Spannaus.
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