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Consiglio ONU diritti umani, Arabia Saudita non ottiene il seggio per 117 voti su 124 necessari causa "reputazione negativa sul tema"

La mancata elezione di Riyadh al Consiglio ONU per i diritti umani, attribuita al suo controverso record in tema di diritti civili e libertà, solleva interrogativi sulla credibilità dell'organismo, soprattutto alla luce delle nomine di altri Paesi con situazioni altrettanto criticate

10 Ottobre 2024

Consiglio ONU diritti umani, Arabia Saudita non ottiene il seggio per 117 voti su 124 necessari causa "reputazione negativa sul tema"

United Nations Human Rights Council - Fonte: Wikimedia Commons

Il Consiglio ONU per i diritti umani (UNHRC) ieri ha bocciato la candidatura dell’Arabia Saudita nell’ambito del rinnovo dello stesso consiglio, il quale ha visto eleggere 18 nuovi membri per il triennio 2025-2027: il paese mediorientale non ha ottenuto il seggio per 117 voti su 124 necessari a causa della sua "reputazione negativa sul tema". È la seconda volta in 4 anni (l’ultima nel 2020) che la monarchia del Golfo Persico non riesce nel suo intento di conquistare, mediante votazione a scrutinio segreto, uno dei 47 posti disponibili a rotazione nell’organismo che ha sede a Ginevra, in Svizzera. Erano 18 i posti in palio per l'anno finanziario 2025-2027, distribuiti per regione: per l’Asia-Pacifico, i 5 posti sono stati conquistati da Cipro, Isole Marshall, Qatar, Corea del Sud e Thailandia. L'Arabia Saudita era il sesto candidato. A Riyadh sono mancati 7 voti, che hanno permesso alle Isole Marshall di ottenere il quinto ed ultimo seggio disponibile per il triennio in questione nell’organismo delle Nazioni Unite. Un ingresso saltato ma atteso e sperato per i vertici del Regno, oggetto di durissime critiche in passato come oggi, in tema di diritti umani per esecuzioni capitali, violazioni alle libertà personali (anche religiosa) ed episodi controversi e di risalto internazionale come l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. L’esclusione dell’Arabia Saudita è stata infatti salutata come una vittoria per l’integrità del UNHRC da numerose organizzazioni per i diritti umani: La sua sconfitta è stata attribuita al pessimo record del Paese che includerebbe, oltre a quelle già citate, gravi violazioni come la repressione della società civile, la discriminazione delle donne e le dure condizioni imposte ai lavoratori migranti.

Un’esclusione controversa: le accuse di doppiopesismo

I rimanenti 13 seggi per le restanti aree geografiche sono stati ottenuti da Benin, Bolivia, Colombia, Repubblica Ceca, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Gambia, Islanda, Kenya, Messico, Macedonia del Nord, Spagna e Svizzera. L’esclusione dell’Arabia Saudita resta controversa proprio per l’elezione avvenuta con successo di un altro paese accusato di ripetute violazioni dei diritti umani, ovvero la Rep. Democratica del Congo (RDC): la nomina del paese africano (ma anche quella di Qatar ed Etiopia) è stata allo stesso modo oggetto di critiche a causa della situazione interna del Paese, caratterizzata dalle stesse suddette gravi violazioni e da conflitti prolungati. Tuttavia, la RDC, insieme a Benin, Etiopia, Gambia e Kenya, costituirebbe una componente fondamentale della rappresentanza africana all’interno del Consiglio. Proprio l’Africa continua a essere una regione chiave per l’UNHRC, non solo per il numero di membri eletti, ma anche per la rilevanza dei problemi legati ai diritti umani nel continente, come le violenze nei conflitti, la corruzione e le difficoltà nel garantire i diritti civili e politici delle popolazioni. L’elezione di questi stati del continente evidenzierebbe un tentativo di ricerca di un equilibrio tra rappresentanza geografica e impegno per migliorare la situazione dei diritti umani a livello locale. Tuttavia, molti osservatori hanno espresso preoccupazione per il fatto che alcuni di questi abbiano un curriculum altrettanto discutibile in materia rispetto alla controparte saudita, sollevando dubbi sull’effettiva efficacia del Consiglio.

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